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giovedì 28 febbraio 2013

"Tu parlavi una lingua meravigliosa" di Roberto Roversi










Tu parlavi una lingua meravigliosa

I sassi della stazione sono di ruggine nera.
Sto sotto la pensilina dove sventola adagio una bandiera.
In un campo una donna si china su due agnelli appena nati.
Striscia al vento nudo sopra il fuoco, il fuoco violento dei prati.

Un uccello, isolato, raccoglie sopra un vagone abbandonato
il cielo grande d’ottobre e gli strappa il fianco bianco e gelato,
intorno, dopo la notte, ci sono tronchi sporchi di mosto
e mille macchine in fila, laggiù, in un deposito nascosto.

Apro il giornale e provo a leggere per nascondermi un poco
mentre lei parla ad un uomo ed io riconosco il suo suono un poco roco.
Chiudo il giornale, la guardo, lei è voltata e non mi vede,
i capelli sono biondi e sono tinti; dunque lei alla vita non cede.

Vuoi guardarmi? Occhio della mente, occhio della memoria!
Una donna è vecchia quando non ha più giovinezza!
E ascolto la marea del cuore perché siamo vicini.
L’ho ritrovata per caso ma non è più una ragazza.

Vorrei chiamarla e dirle: le volpi con le code incendiate
non parlano ma gridano pazze fra gli alberi per il dolore.
Sediamoci per terra oppure là sopra panchine imbiancate,
sediamoci sopra un letto di foglie secche ed ascoltiamo il nostro cuore.

Ci siamo scordati e perduti, ti ritrovo adesso all' improvviso
dentro una piccola stazione in un giorno grigio d’ottobre;
tu non mi guardi neppure, io solo ho l’inferno nel cuore
perché la vita è una goccia che scava la pietra del viso.

Ogni mattina, ogni sera io parto e ritorno da solo
come il ragazzo che ero non posso più bruciare in un volo.
Il treno arriva, si ferma; la mia ombra sale parte scompare.
Io ti vedo giovane ancora come in un sogno dileguare.

- Roberto Roversi

Roberto Roversi (Bologna, 28 gennaio 1923 – Bologna, 14 settembre 2012) è stato uno scrittore, poeta, giornalista e libraio italiano, in gioventù partigiano, dal 1948 al 2006 gestore della libreria Palmaverde di Bologna,[1] autore di versi che sono anche diventati testi di canzoni messe in musica ed eseguite da artisti come Lucio Dalla, Francesco De Gregori e gli Stadio; fu anche direttore del quotidiano comunista Lotta Continua.

mercoledì 27 febbraio 2013

"Scoppia la luce" di Rosanna Bazzano


come l'amore lieto appaga e illude...


Scoppia la  luce 
  
Scoppia la luce
sullo specchio d'acqua,
come la verità
squarcia e disvela,
abbaglia e acceca
come la menzogna,
come l'amore lieto
appaga e illude.



- Rosanna Bazzano

martedì 26 febbraio 2013

Il fiore di Emily Dickinson

Mi sono nascosta nel mio fiore
Jhonn William Watherhouse, La mia rosa



Mi son nascosta nel mio fiore,
così che, quando appassirà dentro il tuo vaso,
per me tu senta, senza sospettarlo,
quasi una solitudine.

- Emily Dickinson

Ci sono momenti in cui le parole sembrano inutili



Emily Elizabeth Dickinson (Amherst, 10 dicembre 1830 – Amherst, 15 maggio 1886) è stata una poetessa statunitense. È considerata tra i maggiori lirici del XIX secolo.
Emily Dickinson visse la maggior parte della propria vita nella casa dove era nata, ebbe modo di fare solo rare visite ai parenti di Boston, di Cambridge e nel Connecticut. La giovane donna amava la natura, ma era costantemente ossessionata dalla morte, vestiva solo di bianco in segno di purezza. 

lunedì 25 febbraio 2013

"Amicizia", da un racconto di Maurice Blanchot.

Chi veglia con me. come sotto un altro cielo?
foto Philippe Ramette


"Amicizia"

“La sofferenza s' impadroniva  della mia persona più di un sentimento - era questa l'amicizia?
Al contrario, io non mancavo di andare in suo soccorso quando una domanda rischiava di attenderla. [...]
Un amico: io non ero nato per questo ruolo, penso che me n'era riservato un altro che io non posso ancora riconoscere.
Quello di nominarlo? di mantenerlo e di mantenermi sotto l'approssimarsi di questo nome?
Non lo crederò; ciò non è che un riflesso che un istante colora il vetro sul quale lui si gioca.
Il nome stesso ci separa. Sarebbe una pietra gettata eternamente verso di lui per attenderlo là dove lui è e che forse sentiva già approssimarsi attraverso i tempi e i tempi.
E' questo il gesto di un amico? E' questa l'amicizia?
E' questo che lui mi ha chiesto di essere: una pietra per lui, obbligando a riconoscersi sotto un tale nome, attirandoci come dentro una trappola?
Forse per prenderlo in vita? Ma io chi sono allora? Chi veglia con me, come sotto un altro cielo?
E se lui è ciò che io so di lui, io non sono interamente abbandonato a me?
Allora cos'è che lo smarrisce? Che cerca al mio fianco? Che cos'è che lo attira? Ciò che lei è per me? Questo 'noi' che ci tiene insieme e dove noi non siamo né l'uno né l'altro?
Qualcosa di troppo forte per l'uomo, una felicità troppo grande di cui noi non sappiamo niente?
Forse gli è dato di respirare presso ad ogni uomo felicissimo, forse lui è il soffio che si mescola al desiderio, forse lui passa attraverso l'istante che spezza i rapporti e confonde il tempo?
Forse lui è dietro ciascuno di noi, colui che noi vediamo quando viene la fine e che si nutre di questo momento di pace e di riposo perfetto che allora ci attende, che ci sottrae: no, che noi ci accordiamo liberamente, perché lui è troppo solo, il più infortunato e il più povero degli uomini?
Ma forse non è che me stesso, da sempre me senza me, rapporto che io non voglio aprire, che io respingo e che mi respinge."

- Maurice Blanchot



Maurice Blanchot (Quain, 22 settembre 1907 – Le Mesnil-Saint-Denis, 20 febbraio 2003) è stato uno scrittore, critico letterario e filosofo francese.


domenica 24 febbraio 2013

"Er Bon Governo" di Giuseppe Gioacchino Belli




Nun ve fate confonne
Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Buon Governo


ER BON GOVERNO

Un bon governo, fijji, nun è cquello
che vv’abbotta l’orecchie in zempiterno
de visscere pietose e ccor paterno:
puro er lupo s’ammaschera da aggnello.

Nun ve fate confonne: un bon governo
se sta zzitto e ssoccorre er poverello.
Er restante, fijjoli, è tutt’orpello
pe accecà ll’occhi e ccomparí a l’isterno.

Er vino a bbommercato, er pane grosso,
li pesi ggiusti, le piggione bbasse,
bbona la robba che pportàmo addosso...

Ecco cos’ha da fà un governo bbono;
e nnò ppiàggneve er morto, eppoi maggnasse
quant’avete, e llassavve in abbandono.

25 settembre 1836

- Giuseppe Gioachino Belli

Il Buon Governo agisce con la diligenza del buon padre di famiglia, elimina gli sprechi, manda a scuola, cura la malattia, assicura il pane sulla tavola e il tetto sulla testa, non discrimina tra un figlio e l'altro, da a tutti le stesse possibilità di crescere e migliorare.

Buon voto!!!

sabato 23 febbraio 2013

"Ah, tu pensavi ch'io fossi una..."di Anna Achmatova



Ah, tu pensavi ch'io fossi una che si possa dimenticare...
Giovanni Boldini, Mademoiselle de Nemidoff



Ah, tu pensavi che anch’io fossi una 


Ah, tu pensavi che anch’io fossi una
che si possa dimenticare
e che si butti, pregando e piangendo,
sotto gli zoccoli di un baio.

O prenda a chiedere alle maghe
radichette nell’acqua incantata,
e ti invii il regalo terribile
di un fazzoletto odoroso e fatale.

Sii maledetto. Non sfiorerò con gemiti
o sguardi l’anima dannata,
ma ti giuro sul paradiso,
sull’icona miracolosa
e sull’ebbrezza delle nostre notti ardenti:
mai più tornerò da te.

1921

- Anna Achmatova

T'avive fatto sta bella penzata

T' 'avive fatto sta bella pensata,
ca io foss' una ca se pò scurdà,
ca chiagnenno me jettavo addenucchiata
sotto 'o cavallo a me fa scarpesà.

O c' add' 'e fattucchiare jevo accattanno
ciente mmisture d' acqua  affatturata
ca po' pe sfreggio te jevo rialanno
nu farzuletto 'e morte  prufumata.

Te malerico. Anema malamente,
io nun te guardarraggio manco mpiso, 
ne 'a chistu ciato sentarrai cchiù niente,
t' 'o ggiuro p' 'a Maronna e 'o paraviso
'e p' 'e suspire e tutt' 'e vase ardente:

nun torno cchiù, pe mme può murì acciso.

riscrittura di Rosanna  Bazzano


Anna Andreevna Achmatova pseudonimo di Anna Andreevna Gorenko (Bol'soj Fontan, 11 giugno 1889 – Mosca, 5 marzo 1966) è stata una poetessa russa; non amava l'appellativo di poetessa, perciò preferiva farsi definire poeta, al maschile.
Sulla sua poetica ebbe molta influenza la conoscenza delle opere di Dante Alighieri, come anche testimonia il filosofo Vladimir Kantor: «Quando chiesero ad Anna Achmatova, la matriarca della poesia russa, “Lei ha letto Dante?”, con il suo tono da grande regina della poesia rispose: “Non faccio altro che leggere Dante”» 


venerdì 22 febbraio 2013

"E in ultimo ti dirò: addio" di Bella Achmadulina

Vivo, cammino, vedo il bianco mondo, ma il mio corpo è deserto.



E in ultimo ti dirò: - Addio

E in ultimo ti dirò: - Addio,
e non promettermi amore.
Perderò la ragione. O troverò
la sublime serenità della follia.

Come mi hai amato? Pregustando
l'offesa della fine. Ma non è questo...
Come mi hai amato? Offendendo i principi
dell'amore. Ma in modo così goffo...

Crudeltà del fallimento, io
non ti perdono. Vivo, cammino,
vedo il bianco mondo,
ma il corpo mio è deserto.

La mente vorrebbe ancora un piccolo
lavoro. Ma son deboli le mani.
E uno sciame di odori e di sapori
in volo sghembo si allontana da me.

- Bella Achmadulina

Bella Achatovna Achmadulina (in russo: Белла Ахатовна Ахмадулина[?]; Mosca, 10 aprile 1937 – Mosca, 29 novembre 2010) è stata una poetessa russa.


mercoledì 20 febbraio 2013

"Vero amore" di Sir Philip Sidney

Il mio vero amore ha il mio cuore ed io ho il suo
Marc Chagall, Les amoreux de Vence



Vero amore

Il mio vero amore ha il mio cuore ed io ho il suo
in giusto scambio l’uno per l’altro dato.
Io tengo caro il suo, e il mio lui non può perdere,
non ci fu mai un patto meglio riuscito.
Il mio vero amore ha il mio cuore ed io ho il suo.

Il suo cuore in me ci tiene uniti,
il mio cuore in lui guida pensieri e sensi.
Lui ama il mio cuore, che era suo una volta,
io adoro il suo, perché in me ora ascolta.
Il mio vero amore ha il mio cuore ed io ho il suo.


- Sir Philip Sidney

Philip Sidney (Penshurst, 30 novembre 1554 – Zutphen, 17 ottobre 1586) è stato un poeta, militare e cortigiano britannico. Fu una delle figure più importanti dell'età elisabettiana, famoso, tra le altre cose, per aver scritto la raccolta di sonetti Astrophil e Stella.



martedì 19 febbraio 2013

"La sonata al chiaro di luna" di Ghiannis Ritsos

Lasciami venire con te. Che luna stasera!
Vincent Van Gogh, Passeggiata al chiaro di luna



La sonata al chiaro di luna

Lasciami venire con te. Che luna stasera!
La luna è buona – non si vedrà
che si sono imbiancati i miei capelli. La luna
me li farà di nuovo biondi. Non te ne accorgerai.
Lasciami venire con te. [...].

Ci sederemo un poco sul muretto, sull’altura,
e rinfrescandoci al vento di primavera
forse immagineremo pure di volare,
perché spesso, e perfino ora, sento il fruscío della mia veste
che pare il battito di due ali forti,
e quando ti chiudi in questo rumore del volo
senti irrigidirsi il collo, i fianchi, la tua carne,
e cosí stretto nei muscoli del vento azzurro,
nei nervi robusti dell’altezza,
non ha importanza che tu parta o torni
né conta che i miei capelli siano bianchi,
(non è questo che mi dà pena – mi dà pena
che non mi s’imbianchi anche il cuore).
Lasciami venire con te.

Lo so, ciascuno cammina da solo verso l’amore,
solo verso la gloria e la morte.
Lo so. L’ho provato. Non giova a niente.
Lasciami venire con te. [...].

-  Ghiannis Ritsos

Traduzione di Nicola Crocetti


Yiannis Ritsos (Monemvasia, 1 maggio 1909 – Atene, 11 novembre 1990) è stato un poeta greco.
Ritsos è considerato come uno dei più grandi poeti greci del ventesimo secolo, insieme a Konstantinos Kavafis, Kostis Palamas, Giorgos Seferis, e Odysseus Elytis. Il poeta francese Louis Aragon una volta ha detto che Ritsos era "il più grande poeta del suo periodo". Ritsos è stato proposto 9 volte, senza successo, per il Premio Nobel per la Letteratura. Quando il poeta vinse il Premio Lenin per la pace (conosciuto anche come il Premio Stalin per la Pace), assegnatoli nel 1975-76, egli dichiarò che "questo premio è più importante per me rispetto al Premio Nobel".


domenica 17 febbraio 2013

"'O mmele"di Prospera Paturnia


tengo 'a capa tosta

'O mmele

Staie sempre ’e posta ccà, urzo gulioso,
speruto  ’e te mangià stu favo ’e mèle
aspiette e nun t’arrienne ’ntussecuso
pure si ne ricave sulo fele.

Lassame sta ca tengo ’a capa tosta,
sientelo nu cunsiglio ’a parta mia:
cu mme nun c’è che ffà, tienete ’a posta,
cagna indirizzo, porta e fantasia.

’Sta vocca ’e mèle, ’sti vase nzuccarate
ll’aggiu prummiso a ’n ‘atu nnammurato.


- Prospera Paturnia

Trad:

Il miele

Stai sempre qua di guardia, orso goloso,
desideroso di mangiare questo favo di miele
aspetti e non ti arrendi, amareggiato,
pure se ne ricavi solo fiele.

Lasciami perdere che ho la testa dura,
ascolta un mio consiglio
con me non ce nulla da fare, statti sulle tue,
cambia indirizzo, porta e fantasia ( traslato: l'oggetto dei tuoi desideri)

Questa bocca di miele, questi baci zuccherini
li ho promessi ad un altro fidanzato...

- Prospera Paturnia

Chi ama non tradisce

sabato 16 febbraio 2013

"La poesia" di Sylvia Plath

avevo scoperto un nuovo modo di essere felice



Mi accorgevo di avere la pelle d’oca.
Senza una ragione,
dato che non avevo freddo.
Era forse passato un fantasma su di noi?
No, era stata la poesia.
Una scintilla si era staccata dal poeta
e mi aveva dato una scossa gelida.
Avevo voglia di piangere;
mi sentivo molto strana.
Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.

- Sylvia Plath

venerdì 15 febbraio 2013

"Senza nessuna ragione" di Nazim Hikmet

e ogni volta sei tu, che sali dalle acque


Senza nessuna ragione qualcosa si rompe in me
e mi chiude la gola
Senza nessuna ragione sobbalzo ad un tratto
lasciando a mezzo lo scritto
senza nessuna ragione nella hall di un albergo
sogno in piedi
senza nessuna ragione l’albero sul marciapiede
mi batte in fronte

senza nessuna ragione un lupo urla alla luna
iroso infelice affamato
senza nessuna ragione le stelle scendono a dondolarsi
sull’altalena del giardino
senza nessuna ragione vedo come sarò nella tomba
senza nessuna ragione nebbia e sole nella mia testa
senza nessuna ragione mi attacco al giorno che inizia
come se non dovesse finire mai più
e ogni volta sei tu
che sali dalle acque.

- Nazim Hikmet

Nâzım Hikmet-Ran, in italiano spesso scritto Nazim Hikmet (IPA: [nɑ'zɯm hik'met]) (Salonicco, 20 novembre 1901[1] – Mosca, 3 giugno 1963), è stato un poeta, drammaturgo e scrittore turco naturalizzato polacco. Definito "comunista romantico" o "rivoluzionario romantico"[2], è considerato uno dei più importanti poeti turchi dell'epoca moderna.

giovedì 14 febbraio 2013

Le sere di nebbia di Attilio Bertolucci

uno sgomento le prende qualche sera nel petto...
dip. Jack Vettriano, Yesterday'sdreams



Le tende, pepli per le caste finestre
degli appartamenti lussuosi
che accendono alla sera luci
belle come donne, come le loro donne
che hanno un gran fiore al seno
e la pelle che brilla e gli occhi sfavillanti
come gemme;
le discostan esse ed appoggiano
la fronte a quel freddo e guardano giù.
Nelle sere di nebbia canta la pendola
il tepore concilia il sonno,
prima dell'ora di pranzo.
Uno sgomento le prende
qualche sera nel petto.
Più nella mano vi serrano
nella mano calda,
tende ondeggianti

- Attilio Bertolucci

La bellezza, come la grazia, la generosità ed ogni umana positiva qualità,  non garantiscono l'amore... 


mercoledì 13 febbraio 2013

"Non respingere i sogni" di Pedro Salinas

muore solo un amore che ha smesso di essere sognato
dip. Marc Chagall, Gli sposi


Non respingere i sogni 

Non respingere i sogni perché sono sogni.
Tutti i sogni possono
essere realtà, se il sogno non finisce.
La realtà è un sogno. Se sogniamo
che la pietra è pietra, questo è la pietra.
Ciò che scorre nei fiumi non è acqua,
è un sognare, l'acqua, cristallina.
La realtà traveste
il sogno, e dice:
"Io sono il sole, i cieli, l'amore".
Ma mai si dilegua, mai passa,
se fingiamo di credere che è più che un sogno.
E viviamo sognandola.
Sognare è il mezzo che l'anima ha
perché non le fugga mai
ciò che fuggirebbe se smettessimo
di sognare che è realtà ciò che non esiste.
Muore solo
un amore che ha smesso di essere sognato
fatto materia e che si cerca sulla terra.

- Pedro Salinas


martedì 12 febbraio 2013

"A mia figlia" di Rosanna Bazzano

Ti spezzerei di baci...
Miriam 2 anni, 1998



A mia figlia

Ti spezzerei di baci,
ti renderei reliquia,
frammenti del tuo amore spargerei
lungo tutto il mio esistere,
perché nell' attimo
di ogni attimo
io possa venerarti
e mai completare
l’opera di baciarti tutta,
e in te me stessa
e gli avi miei,
terra da cui nascesti
perfetto fiore in terra,
cielo da cui sorgesti
astro fulgente in cielo.

- Rosanna Bazzano

lunedì 11 febbraio 2013

"Quella donna" di Eduardo Galeano


Quella donna è una casa segreta
René Magritte, Scena di teatro sulla facciata




Quella donna è una casa segreta.

Nei suoi meandri, conserva voci e nasconde fantasmi.

Nelle notti d'inverno, riscalda.

Chi entra in lei, dicono, non ne esce mai più.

Io attraverso il profondo fossato che la circonda.

In quella casa verrò abitato.

In lei mi aspetta il vino che mi berrà.

Molto dolcemente busso alla porta e aspetto.

- Eduardo Galeano, Finestra su una donna


"Ogni donna è un mondo da vivere..." - Rosanna Bazzano 








Eduardo Hughes Galeano (Montevideo, 3 settembre 1940) è un giornalista, scrittore e saggista uruguaiano.
È una delle personalità più autorevoli e stimate della letteratura latinoamericana. I suoi libri sono stati tradotti in molte lingue e combinano documentazione, narrazione, giornalismo, analisi politica e storia, sebbene l'autore stesso non si riconosca quale storico.



René François Ghislain Magritte (Lessines, 21 novembre 1898 – Bruxelles, 15 agosto 1967) è stato un pittore belga.

Insieme a Paul Delvaux è considerato il maggiore esponente del surrealismo in Belgio e uno dei più originali esponenti europei dell'intero movimento.







domenica 10 febbraio 2013

"Lassammoce Marì" di Peppino De Filippo

Si nun me saje cchiù di' parole doce
Rosario Caputo, Signora col ventaglio


LASSAMMOCE, MARI'


Si, capisco ca l’ammore
passa e ‘o tempo ‘o fa cagnà
e ca resta dint’ ‘o core
‘nu ricordo ‘e falsità…
Ma però si se vò bene
tanto e cu sincerità,
nun ce sta tiempo ca tene
ca ‘st’ammore fa scurdà.

Che t’aggia di’,
fa’ chello ca vuo’ tu…
nun voglio cchiù suffrì…
làssame ‘mpace.
Che pozzo fa’?
Lassammoce… accussì…
si nun me saje cchiù di’
parole doce.
Senza cchiù te,
senza cchiù te vedé…
chi sa che ne succede ‘e me.
Ma senza ‘ammore è inutile
nun ce se po’ cchiù ‘ntennere…
Lassammoce, Marì!



- Peppino De Filippo

Ci sono, nella vita di una coppia, momenti di scoramento, quando uno dei due fa la parte del leone e la voce grossa forte della sua posizione di supremazia nella coppia... l'amore, che rende sempre fragili davanti all'amato, fa soccombere inevitabilmente l'altro, a cui rimane tutta l'amarezza delle decisioni subite... Chi perde non ha voce... 


Giuseppe De Filippo detto Peppino (Napoli, 24 agosto 1903 – Roma, 26 gennaio 1980) è stato un attore, comico e drammaturgo italiano.
È considerato uno dei più celebri attori comici italiani, sia in ruoli di protagonista che di coprotagonista. Celebre soprattutto per aver fatto coppia con Totò in molti film di successo degli anni cinquanta e sessanta.



sabato 9 febbraio 2013

Fino a che... Alda Merini

ogni attributo vivo che mi preme giace incomposto nelle tue misure

dip. Paul Klee, 1922



Quando avrò alzato in me l’intimo fuoco
che originava già queste bufere
e sarò salda, libera, vitale,
allora sarò sola?
E forse staccherò dalle radici
la rimossa speranza dell’amore,
ricorderò che frutto d’ogni
limite umano è assenza di memoria,
tutta mi affonderò nel divenire…
ma fino a che io tremo dal principio
cui la tua mano mi iniziò da ieri,
ogni attributo vivo che mi preme
giace incomposto nelle tue misure.

- Alda Merini


Alda Merini (Milano, 21 marzo 1931 – Milano, 1º novembre 2009) è stata una poetessa, aforista e scrittrice italiana.


venerdì 8 febbraio 2013

"Quando c'incontrammo" di Inge Muller

l'attimo durò sette estati...
dip. Jack Vettriano, Blue & blue



Quando c'incontrammo

Quando ci incontrammo
In una strada laterale delle nostre vie
Sentivi paura della vita
Sentivo paura della morte
Che era vicina e vedemmo il cielo rosso
Avvolgerci soffice come una coperta di lana
E ci riscaldammo per un attimo

L'attimo
durò sette estati. Quando levammo gli occhi
Il tempo era già trascorso.

- Inge Muller


Inge Müller è nata a Berlino il 13 marzo 1925. Sopravvissuta miracolosamente ai furiosi bombardamenti su Berlino che hanno chiuso la seconda guerra mondiale, sarà lei stessa a estrarre i corpi dei genitori dalle macerie della loro casa. È morta suicida il 1° giugno 1966. Solo vent'anni dopo le sue poesie saranno pubblicate nella raccolta Wenn ich schon sterben muss. 
Come exergo al libro, il marito, Heiner Müller, ha scritto parole che danno tutta la dimensione della distanza, della solitudine della donna che aveva sposato: «... Più di una volta ho letto le poesie contenute in questa raccolta; alcune mi erano estranee, alcune mi irritavano, molte le ho capite solo dopo il suicidio della donna che le ha scritte in tredici anni accanto a me...».


giovedì 7 febbraio 2013

"Mi piace l'amore, II " di Rosanna Bazzano

così voglio che sia per me l'amore



Mi piace l'amore, II

Mi piace l’amore
quando si raggruma,
e tattile diventa,
e si fa schiuma
l’umore
che da dentro si rovescia,
e ti si incolla
addosso quell’odore
di sesso
fluidificato,
d’intimo vischio
e si dispiega
nelle pieghe
della carne,
per farne
più piacevole
il sentore.
Come dell’onda
che si aggiunge all' onda
per fare doppia schiuma
e doppio odore.
Sudato, incessante
ed impetuoso
che sia il doppio
di ogni umano ardore
così voglio che sia
per me l’amore.

- Rosanna Bazzano

Seconda parte del poemetto "Mi piace l'amore"

mercoledì 6 febbraio 2013

"Ti voglio far provare" di Patrizia Valduga

Ti voglio far provare il bel piaceredip. Jack Vettriano



Ti voglio far provare


Ti voglio far provare il bel piacere.

Pur mal mio grado? Lasciami tranquilla!

Da troppe sere e troppe primavere...

Dei superni desiri ecco la squilla.



La luna scorre su acque nere e brilla...

Oh, tu vai alto per volermi avere!

Ed io ti prenderò come un'anguilla.

Dentro da me per vie d'acqua o vie aeree...



E perché più e più in te s'interni...

Entrerai mai e mai, primavere o inverni.

Dall'alto scenderò con giri alterni...



Pensatore di donne, mio amatore...

Fin ch'io ti prenda, fin che l'incaverni...

Ad averti c'è poco per il cuore.


-  Patrizia Valduga



Patrizia Valduga (Castelfranco Veneto, 1953) è una poetessa e traduttrice italiana, compagna del poeta, traduttore e critico letterario Giovanni Raboni. La loro relazione è durata dal 1981 al 2004, anno della morte del poeta.
Ha fondato nel 1988 la rivista mensile Poesia che ha diretto per un anno.


martedì 5 febbraio 2013

"E quando lei..." di Pedro Salinas

e quando mi parlerà di un paesaggio bianco...foto: Ningun Kala



E quando lei mi parlerà
di un cielo scuro,
di un paesaggio bianco,
ricorderò stelle che non ho visto,
che lei guardava, e neve che nevicava nel suo cielo.

Con la strana delizia di ricordare
di aver toccato ciò che non toccai
se non con quelle mani
che non raggiungo con le mie,
tanto distanti.

- Pedro Salinas

lunedì 4 febbraio 2013

La fiamma di Mario Benedetti

a volte la solitudine può essere una fiamma
Giorgio De Chirico, Gli sposi, 1926



Voglio che mi racconti
il dolore che taci
dal canto mio,
ti offro la mia ultima speranza
sei sola
sono solo
ma a volte
la solitudine può
essere
una fiamma.

- Mario Benedetti


C'è chi, ad un certo punto della vita, spesso in età avanzata, resta insieme o si unisce solo per compagnia... creandosi l'illusione che due solitudini possano fare un amore... 


Mario Orlando Hamlet Hardy Brenno Benedetti-Farugia, noto come Mario Benedetti (Paso de los Toros, 14 settembre 1920 – Montevideo, 17 maggio 2009), è stato un poeta, saggista, scrittore e drammaturgo uruguaiano


domenica 3 febbraio 2013

"Doie righe" di Prospera Paturnia

meglio lassà a sta vocca 'a fatica cchiù ddoce



Ddoie righe 

So’ troppo poche.
pe' parlà 'e 'st'ammore
'e righe 'e 'stu quaderno,
meglio lassà ca 'sti penziere
se perdeno 'int' 'o viento
e troveno 'int' all’aria
'a via d' 'o core tuoio.

So’ troppo poche
'e pparole d' 'a terra
e troppo poche ll’ore,
meglio lassà a 'sta vocca
'a fatica cchiù ddoce,
chella 'e truvà 'int' 'o scuro
'a via d' 'a vocca toia.

- Prospera Paturnia



sabato 2 febbraio 2013

“Amore mio”. Meu amor." prosa breve di José Saramago

amore mio, meu amor



“Amore mio”. Meu amor.


“Amore mio”. Meu amor.
Ripetere queste due parole per dieci pagine, scriverle ininterrottamente, senza sosta, senza spazi bianchi, prima lentamente, lettera dopo lettera, disegnando le tre colline della M manoscritta, l’anello tenue della E simile a braccia che riposano, il letto profondo di un fiume che si scava nella U, e poi lo sgomento o il grido della A sulle onde del mare, eccole, dell’altra M, e la O che non può essere se non quest’unico nostro sole, e infine la R divenuta casa, o tetto, o baldacchino.
E subito dopo trasformare questo lento disegno in un unico filo tremolante, la traccia di un sismografo, perché le membra rabbrividiscono e si turbano, il mare bianco della pagina, una distesa di luce o un lenzuolo levigato.

“Meu amor, “amore mio” hai detto, e l’ho detto anch’io, spalancandoti la mia porta, e tu sei entrata. Tenevi gli occhi bene aperti venendomi incontro, per vedermi meglio o più di me, e hai posato la borsa per terra. E, prima che ti baciassi, per poterlo dire serenamente, hai detto: “Stanotte rimango con te”.

- Josè Saramago "Manuale di lettura e Calligrafia"




José de Sousa Saramago  (Azinhaga, 16 novembre 1922 – Tías, 18 giugno 2010) è stato uno scrittore, critico letterario, poeta, drammaturgo e giornalista portoghese, premio Nobel per la letteratura nel 1998.
Uno dei tratti che più caratterizzano le opere di Saramago è il narrare eventi da prospettive piuttosto insolite e controverse, cercando di mettere in luce il fattore umano dietro l'evento. 
È frequente l'uso dell'ironia, non ci sono eroi, ma semplicemente uomini, con i loro pregi ed i loro difetti. E in effetti non manca la pietà e la compassione dello scrittore per essi, piccoli rappresentanti del genere umano.