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sabato 21 giugno 2014

"Il cane di Odisseo" di Omero - (Odissea libro XVII, versi 290-329)

e quando Odisseo gli fu vicino, ecco agitò la coda
Argo e Odisseo *


Il cane di Odisseo 

Mentre questo dicevano tra loro, un cane
che stava lì disteso, alzò il capo e le orecchie.
Era Argo, il cane di Odisseo, che un tempo
egli stesso allevò e mai poté godere nelle cacce,
perchè assai presto partì l'eroe per la sacra Ilio.
Già contro i cervi e le lepri e le capre selvatiche
lo spingevano i giovani; ma ora, lontano dal padrone,
giaceva abbandonato sul letame di buoi e muli
che presso le porte della reggia era raccolto,
fin quando i servi lo portavano sui campi
a fecondare il vasto podere di Odisseo.
E là Argo giaceva tutto pieno di zecche.
E quando Odisseo gli fu vicino, ecco agitò la coda
e lasciò ricadere la orecchie; ma ora non poteva
accostarsi di più al suo padrone. E Odisseo
volse altrove lo sguardo e s'asciugò una lacrima
senza farsi vedere da Euméo; e poi così diceva:
" Certo è strano , Euméo, che un cane come questo
si lasci abbandonato sul letame. Bello è di forme;
ma non so se un giorno, oltre che bello, era anche veloce
nella corsa, o non era che un cane da convito,
di quelli che i padroni allevano solo per il fasto ".
E a lui, così rispondevi, Euméo, guardiano di porci:
" Questo è il cane d'un uomo che morì lontano.
Se ora fosse di forme e di bravura
come, partendo per Troia, lo lasciò Odisseo,
lo vedresti con meraviglia così veloce e forte.
Mai una fiera sfuggiva nel folto della selva
quando la cacciava, seguendone abile le orme.
Ma ora infelice patisce. Lontano dalla patria
è morto il suo Odisseo; e le ancelle, indolenti,
non si curano di lui. Di malavoglia lavorano i servi
senza il comando dei padroni, poi che Zeus
che vede ogni cosa, leva a un uomo metà del suo valore,
se il giorno della schiavitù lo coglie ".
Così disse, ed entrò nella reggia incontro ai proci.
E Argo, che aveva visto Odisseo dopo vent'anni,
ecco, fu preso dal Fato della nera morte.

-  Omero, (Odissea libro XVII, versi 290-329)

Omero  è il nome con cui è tradizionalmente identificato il poeta greco autore dell'Iliade e dell'Odissea — i due massimi poemi epici della letteratura greca antica. Nell'antichità gli erano state attribuite anche altre opere: il poemetto giocoso Batracomiomachia, i cosiddetti Inni omerici, il poemetto Margite e vari poemi del Ciclo epico.

Già dubbie le attribuzioni della sua opera presso gli antichi, solo a partire dalla seconda metà del Seicento si iniziò a dubitare dell'esistenza stessa del poeta, dando inizio alla così detta "questione omerica".




* Non sono riuscita a risalire all'autore del dipinto, se qualcuno ha indicazioni è pregato di fornermele.
Grazie :)


2 commenti:

  1. Ora viene "il bello"..................Ulisse che riesce ad usare il suo arco.........! Brava Rosanna, Giannino Isu

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    1. Grazie Giannino… i classici andrebbero ogni tanto portati a luce… Un sorriso!

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