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venerdì 3 luglio 2015

"Canto della mia nudità" di Antonia Pozzi

Guardami: sono nuda.
Delphin Enjolras, Nudo di schiena




Canto della mia nudità

Guardami: sono nuda. Dall'inquieto
languore della mia capigliatura
alla tensione snella del mio piede,
io sono tutta una magrezza acerba
inguainata in un color avorio.
Guarda: pallida è la carne mia.
Si direbbe che il sangue non vi scorra.
Rosso non ne traspare. Solo un languido
palpito azzurrino sfuma in mezzo al petto.
Vedi come incavato ho il ventre. Incerta
è la curva dei fianchi, ma i ginocchi
e le caviglie e tutte le giunture,
ho scarne e salde come un puro sangue.
Oggi, m'inarco nuda, nel nitore
del bagno bianco e m'inarcherò nuda
domani sopra un letto, se qualcuno
mi prenderà. E un giorno nuda, sola,
stesa supina sotto troppa terra,
starò, quando la morte avrà chiamato.

- Antonia Pozzi

La nudità e la sua dicotomia: fisica e psicologica.
Mettersi a nudo è sensibilità pura, capacità di darsi, arriverei a dire che è un'arte... 
Sicuramente cosa non da molti, sicuramente indispensabile per farsi tutt'uno con l'altro, quando questi sia disposto ad essere anch'esso nudo, esposto, con le sue mancanze, con le sue miserie, con le sue bellezze taciute e sottese...

"Essere nudi è essere vestiti della verità..." - Rosanna Bazzano



Antonia Pozzi (Milano, 13 febbraio 1912 – Milano, 3 dicembre 1938) è stata una poetessa italiana.
Figlia di un importante avvocato milanese, e della contessa Lina Cavagna Sangiuliani.  Antonia scrive le prime poesie ancora adolescente. Studia nel liceo classico Manzoni di Milano, dove vive con il suo professore di latino e greco, Antonio Maria Cervi, una relazione che, a causa dei pesanti ostacoli frapposti dalla famiglia Pozzi, verrà interrotta da Cervi nel 1933. Forse a causa di questa grave ingerenza nella sua sfera affettiva, parlando di sé quell'anno scrive: «e tu sei entrata / nella strada del morire».
La grande italianista Maria Corti, che la conobbe all'università, disse che «il suo spirito faceva pensare a quelle piante di montagna che possono espandersi solo ai margini dei crepacci, sull'orlo degli abissi. Era un'ipersensibile, dalla dolce angoscia creativa, ma insieme una donna dal carattere forte e con una bella intelligenza filosofica; fu forse preda innocente di una paranoica censura paterna su vita e poesie. Senza dubbio fu in crisi con il chiuso ambiente religioso familiare. La terra lombarda amatissima, la natura di piante e fiumi la consolava certo più dei suoi simili».
A soli ventisei anni si tolse la vita. Nel suo biglietto di addio ai genitori scrisse di «disperazione mortale». La famiglia negò la circostanza «scandalosa» del suicidio, attribuendo la morte a polmonite; il suo testamento fu distrutto dal padre, che manipolò anche le sue poesie, scritte su quaderni e allora ancora tutte inedite.


« Triste orto abbandonato l'anima
si cinge di selvagge siepi
di amori:
morire è questo
ricoprirsi di rovi
nati in noi »




Delphin Enjolras (1857 -1945 Coucouron TOULOUSE) è stato un francese pittore accademico . Enjolras dipinse ritratti, nudi, interni, e utilizzato soprattutto acquerelli , oli e pastelli . Egli è meglio conosciuto per i suoi ritratti intimi di donne giovani che svolgono attività mondane come la lettura o cucire, spesso illuminati dalla luce della lampada. Forse la sua opera più famosa è la "donna giovane Lettura da una finestra".

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