Ted Hughes e Sylvia Plath
Nel tuo vestito di jersey rosa
quando nulla era ancora imbrattato
stavi davanti all'altare Bloomsday.
Pioggia, e così un ombrello appena comprato
fu la sola parte del mio abbigliamento
con meno di tre anni di servizio.
La cravatta - unica, triste, nera, di ex aviere della RAF -
era il simbolo frusto di una cravatta.
La giacca di velluto a coste - tre volte ritinta di nero, stremata,
si teneva in piedi per miracolo.
Ero un genero di austerità, da dopoguerra!
Non proprio il Principe Ranocchio. Forse il Porcaro
che rubava i sogni di pedigree di questa figlia
da sotto il suo futuro sorvegliato da torrette e riflettori.
Nessuna cerimonia d'arruolamento poteva spogliarmi
dalla mia uniforme. Indossavo tutto il mio guardaroba -
eccetto qualche capo di ricambio, identico.
Le mie nozze, come la Natura, volevano nascondersi.
Comunque, se dovevamo sposarci
era meglio farlo a Westminster Abbey, perché no?
Il Decano ci spiegò perché no. Fu così
che seppi di avere una Chiesa parrocchiale.
San Giorgio degli Spazzacamini.
E alla fine in qualche modo ci sposammo.
Tua madre, coraggiosa anche in questo
azzardo degli Affari Esteri americani,
fece la parte di tutte le damigelle e di tutti gli invitati,
e persino, magnanima, rappresentò
la mia famiglia che non sapeva nulla.
Avevo invitato solo gli antenati.
Non avevo confidato il mio furto di te
nemmeno a un carissimo amico. Come testimone - scudiero
addetto ai temporanei anelli -
sequestrammo il sacrestano. Colmo dello scandalo:
stava caricando su un bus un gruppo di bambini
per portarli allo zoo - sotto quel diluvio!
Tutti gli animali della prigione dovettero pazientare
che fossimo sposati.
Tu eri trasfigurata.
Così sottile e nuova e nuda,
un ramo oscillante di lillà bagnato.
Tremavi, singhiozzavi di gioia, eri profondità d'oceano
traboccanti di Dio.
Dicesti che vedevi aprirsi i cieli
e mostrare ricchezze, pronte a piovere su noi.
Levitato al tuo fianco, io ero soggetto
a uno strano tempo grammaticale: il futuro incantato.
In quel presbiterio feriale spoglio d'echi,
ti vedo
lottare per contenere le fiamme
nel tuo vestito di jersey rosa
e nelle tue pupille - grandi gemme sfaccettate
che scuotono le loro fiamme di lacrime, davvero come grosse gemme
agitate in una coppa di dadi e offerte a me.
Ted Hughes
(Traduzione di Anna Ravano)
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