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venerdì 24 agosto 2012

L'ottava rima di Beatrice Bugelli

Tu m’hai ferito il cor con un coltello


Se tu sapessi

Se tu sapessi la vita ch’io faccio,
Non la farebbe il Turco alla catena.
E ’l Turco porta la catena al braccio
E io la porto al cor per maggior pena.
E ’l Turco porta la catena al collo,
E io la porto al cor, ch’è maggior doglio.
E ’l Turco porta la catena al piede,
E io la porto al cor che niun la vede.

Quella finestra, fatta a colonnello,
Quanto sospiri m’ha fatto gettare!
Tu m’hai ferito il cor con un coltello,
Non trovo chi mi voglia medicare.
E ’l medico m’ha messo a tal partito,
Che m’abbia a medicar chi m’ha ferito.
E ’l medico m’ha messo a un partito tale
Chi m’ha ferito m’abbia a medicare.

Beatrice Bugelli


Che bel personaggio, Beatrice. Una “pastora” ottocentesca che vive in montagna, illetterata, analfabeta, ma in grado di comporre poesie estemporanee, versi in ottave ispirati alla gente che vede, a feste popolari, alla selvaggia e meravigliosa natura toscana.

L'ottava rima è il metro usato nei cantari trecenteschi e nei poemetti del Boccaccio (Ninfale fiesolano, Filostrato,...); non è certo chi l'abbia inventato, ma il suo uso può essere rintracciato fin dal XIV sec. (Britto di Bretagna di Antonio Pucci). Diventerà poi il metro di poeti popolari, come Antonio Pucci, e colti come Franco Sacchetti che lasceranno poi al Pulci, al Boiardo, all'Ariosto e al Tasso, di elevarlo alle più alte cime. La popolarità dell'ottava riuscì in questo modo a sostituire la terzina dantesca. È ancora questo metro che sarà utilizzato dai poeti estemporanei per i loro contrasti di improvvisazione fino ai nostri giorni.

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