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venerdì 31 agosto 2012

L'alba di Fernando Pessoa


...ti porterò con me dovunque vada...


Già l´alba disfa

Già l´alba disfa
con un raggio incerto,
l´ora residua
della nostra notte,
e posa sul tuo viso
e lo colora;
tu dormi,
io me ne vado,
ed il tuo sonno
mi nasconde ancòra
quell´emozione azzurra
nei tuoi occhi....
La porterò con me,
come un ricordo
e la conserverò
dove ho nascosto,
virgola fra due baci,
un tuo sorriso;
e porterò con me
l´alito caldo
di un respiro tuo
che l´aria fredda
renderà rugiada,
chiara, come una  lacrima
d´addio....
Tu dormi
e non t´accorgi
del battito di cuore
che ti ho preso,
l´ho visto uscire
da un brivido leggero,
dal petto, quando
in sonno t´ho sfiorata....
Ti porterò con me,
fatta d´azzurro
di ricordo e baci,
di lacrime,
di palpiti e rugiada,
ti porterò con me,
dovunque vada......


Fernando Pessoa




Fernando António Nogueira Pessoa  (Lisbona, 13 giugno 1888 – Lisbona, 30 novembre 1935) è stato un poeta, scrittore e aforista portoghese.

È considerato uno dei maggiori poeti di lingua portoghese, e per il suo valore è comparato a Camões. Il critico letterario Harold Bloom lo definì, accanto a Pablo Neruda, il poeta più rappresentativo del XX secolo.

« Una delle mie preoccupazioni costanti è capire com'è che esista altra gente, com'è che esistano anime che non sono la mia anima, coscienze estranee alla mia coscienza; la quale, proprio perché è coscienza, mi sembra essere l'unica possibile. »
(Fernando Pessoa, Il libro dell'inquietudine di Bernardo Soares)

giovedì 30 agosto 2012

"Rrosa" di Rosanna Bazzano

I bisnonni Rosa e Francesco con nonna Rosa
Rrosa

Di te non vissi
né riso né pianto.
Non m’imboccasti
né carezzasti mai.
Non ti udii ciarlare
sull’uscio di casa
nelle calde serate,
né alle fatiche intenta
ti vidi mai chinata.
Parla di te una lacera foto
che ti ritrae bambina, 
unica a dirmi 
dei tuoi occhi neri.
Eppure mi sei cara
Rosa che fu una rosa
recisa troppo in fretta
dal destino.
Di te conosco il nome…
è il nome mio. 


Rosanna Bazzano


Questa poesia è stata scritta a mia nonna Rosa Correnti in Bazzano, di cui, anteposto e fuso a quello di mia madre, porto il nome  e che storicamente veniva (e viene da i più) festeggiato oggi 30 agosto.
La corretta pronuncia in siciliano vuole un raddoppiamento fonosintattico e un arrotamento della prima consonante, "R" che diventa foneticamente una  "RR"

martedì 28 agosto 2012

La vendetta di Pablo Neruda

"corpo della mia donna"

Ma viene l'ora della vendetta, e ti amo.
Corpo di pelle, di muschio, di latte avido e fermo.
Ah le coppe del seno! Ah gli occhi d'assenza!
Ah le rose del pube! Ah la tua voce lenta e triste!

Corpo della mia donna, resterò nella tua grazia.
Mia sete, mia ansia senza limite, mio cammino incerto!
Rivoli oscuri dove la sete eterna rimane,
e la fatica rimane, e il dolore infinito.
             
                             Pablo Neruda

Il desiderio che nella sua intensità si fà simile al dolore... Ah, Neruda!!!


lunedì 27 agosto 2012

"Ventitreesima luna" di Rosanna Bazzano

Monemvasia, agosto 2012

Da "Lune d'agosto", Edizioni Intra Moenia - giugno 2012



Non sempre ci si accorge tempestivamente di essere rimasti soli a credere in un sentimento, ad amare... Si avverte un senso di asincronia, piccoli indizi, particolari che solo col senno di poi si riesce a collocare nel mosaico, che solo troppo tardi ci saltano agli occhi a disegnare, più o meno nitidamente, la cronologia dell'abbandono...



domenica 26 agosto 2012

Le foglie morte di Federico Garcia Lorca

Ho tanta paura delle foglie morte
immagine dal web


Ho tanta paura
delle foglie morte,
paura dei prati
gonfi di rugiada.
Vado a dormire;
se non mi sveglierai
lascerò al tuo fianco
il mio freddo cuore.

Che cosa suona
così lontano?
Amore. Il vento sulle vetrate,
amor mio!

Ti cinsi collane
con gemme d'aurora.
Perché mi abbandoni
su questo cammino?
Se vai tanto lontana
il mio uccello piange
e la vigna verde
non darà vino.

Che cosa suona
così lontano?
Amore. Il vento sulle vetrate,
amor mio!

Non saprai mai
o mia sfinge di neve,
quanto
t'avrei amata
quei mattini
quando a lungo piove
e sul ramo secco
si disfa il nido.

Che cosa suona
così lontano?
Amore. Il vento sulle vetrate,
amore mio!

Federico Garcia Lorca


Questa poesia mi ha fatto venire in mente questa canzone... lieson mentali...

http://youtu.be/_FgNnhQ8UNs


sabato 25 agosto 2012

"Ventiquattresima luna" di Rosanna Bazzano

...e ti ho cercato
ma non ti è bastato...

da "Lune d'agosto", Edizioni Intra Moenia - giugno 2012

venerdì 24 agosto 2012

L'ottava rima di Beatrice Bugelli

Tu m’hai ferito il cor con un coltello


Se tu sapessi

Se tu sapessi la vita ch’io faccio,
Non la farebbe il Turco alla catena.
E ’l Turco porta la catena al braccio
E io la porto al cor per maggior pena.
E ’l Turco porta la catena al collo,
E io la porto al cor, ch’è maggior doglio.
E ’l Turco porta la catena al piede,
E io la porto al cor che niun la vede.

Quella finestra, fatta a colonnello,
Quanto sospiri m’ha fatto gettare!
Tu m’hai ferito il cor con un coltello,
Non trovo chi mi voglia medicare.
E ’l medico m’ha messo a tal partito,
Che m’abbia a medicar chi m’ha ferito.
E ’l medico m’ha messo a un partito tale
Chi m’ha ferito m’abbia a medicare.

Beatrice Bugelli


Che bel personaggio, Beatrice. Una “pastora” ottocentesca che vive in montagna, illetterata, analfabeta, ma in grado di comporre poesie estemporanee, versi in ottave ispirati alla gente che vede, a feste popolari, alla selvaggia e meravigliosa natura toscana.

L'ottava rima è il metro usato nei cantari trecenteschi e nei poemetti del Boccaccio (Ninfale fiesolano, Filostrato,...); non è certo chi l'abbia inventato, ma il suo uso può essere rintracciato fin dal XIV sec. (Britto di Bretagna di Antonio Pucci). Diventerà poi il metro di poeti popolari, come Antonio Pucci, e colti come Franco Sacchetti che lasceranno poi al Pulci, al Boiardo, all'Ariosto e al Tasso, di elevarlo alle più alte cime. La popolarità dell'ottava riuscì in questo modo a sostituire la terzina dantesca. È ancora questo metro che sarà utilizzato dai poeti estemporanei per i loro contrasti di improvvisazione fino ai nostri giorni.

giovedì 23 agosto 2012

"Meltemi" di Rosanna Bazzano


fuori, il Meltemi
Meltemi

Non farmi male.
Fuori, il Meltemi
increspa già le onde
e lascia sale
sul bucato fresco
ma dei tuoi baci
non ha più l’odore…
Ma ora non farmi male,
soffiami ancora in viso
tutto il tuo calore,
ricordami,
col tuo innato candore,
dei giorni antichi,
andati ormai
nei refusi del tempo,
di quanto abbiamo
preso e abbiamo dato
sempre sbagliando
l’attimo e la mira.
E tu non farmi male
se non sono capace più
d’amore,
ora che tu hai imparato
a farti pane
che io non sono più capace
di mangiare,
perché l’amore
non si può mentire,
neanche quando è bugiardo
e ci fa male.


Rosanna Bazzano


Il Meltemi (greco: μελτέμι, turco: meltem) è un vento secco e fresco che soffia nell'areale del mar Egeo, particolarmente in estate.
Ha origine grazie all'incontro tra l'alta pressione estiva del Mediterraneo occidentale e quella bassa tipica del Mediterraneo orientale. Soffia infatti da giugno a settembre, tipicamente.
Secondo il mito il Meltemi si è originato in seguito all'assassinio di Icario. Gli assassini si erano rifugiati nell'isola di Ceo, nella quale si sviluppò un'aspra canicola durante i giorni di Sirio, stella della costellazione del Cane Maggiore che raffigura Maira, il cane di Icario. Interpellato, l'oracolo di Apollo comunicò che per allontanare l'eccessiva e devastante siccità dovevano essere puniti gli assassini di Icario. Una volta uccisi iniziò a soffiare il fresco Meltemi.

mercoledì 22 agosto 2012

L'abisso di Fuad Rifka

Ogni persona è un abisso, vengono le vertigini a guardarci dentro.
(dal film "La tigre e la neve)



Domanda


Nell'ora che il corpo sarà terra, la terra sabbia

e polvere la sabbia, nell'ora in cui 

ogni cosa sarà polvere, perché temere?

Finiremo così, naturalmente,

come un fiore di campo,

come un fiore che dice:

"È già tempo di neve, amico mio,

e le stagioni prossime a finire".



Siamo reti sospese

sull'abisso

                          Fuad Rifka



La morte non fa paura se la si vede nel suo naturale processo, inscritta nel cerchio della vita...

martedì 21 agosto 2012

"In segreto, di notte" di Else Lasker - Schuler

Io t' ho prescelto fra tutte le stelle




In segreto, di notte

Io t'ho prescelto fra tutte le stelle.
E sono sveglia - fiore
attento,
fra il canto basso del fogliame.
Le nostre labbra per cercare miele,
le nostre notti lucenti sbocciate.
Alla luce gloriosa del tuo corpo il mio cuore
accende i cieli.
Tutti i miei sogni pendono al tuo oro.
Io t'ho prescelto fra tutte le stelle.

- Else Lasker - Schuler


Quando si sceglie una persona da amare essa appare all'amato la cosa più bella del creato.

lunedì 20 agosto 2012

"Saperti amante" di Umberto Saba

Trieste, città di Umberto Saba e Italo Svevo



Saperti amante e non poterti avere,
star lontano da te quando in cor m’ardi,
aver la lingua e non poter parlare,
udir quest’acqua e non chinarsi a bere,
correre in riga quando a lenti e tardi
passi vorrei penosamente andare.

Umberto Saba


domenica 19 agosto 2012

Ahi, l'amore... di Ghannis Ritsos

"Il tuo corpo tagliato da una lama di luce 
- per metà carne, per metà ricordo"

(la casa del poeta Ghiannis Ritsos a Monemvasia)

Il tuo corpo tagliato
da una lama di luce –
per metà carne,
per metà ricordo.

Illuminazione obliqua,
il grande letto
intero,
il tepore lontano,
e la coperta rossa.

Chiudo la porta,
chiudo le finestre.
Vento con vento.
Unione inespugnabile.

Con la bocca piena
di un boccone di notte.
Ahi, l'amore.

-- Ghiannis Ritsos


Il ricordo del corpo dell'amata, del suo corpo nel tepore del proprio letto, riempie la testa di ricordi e la bocca dei sospiri notturni... 
Molto bello il termine "inespugnabile" riferito all'amore, un legame che si sente indissolubile perché inattaccabile. 
Forse trae spunto appunto dal luogo in cui viveva Ritsos, Monemvasia, "unico accesso", dalla singola porta per entrare nella città fortificata,   unica città medioevale della Grecia, situata su un isolotto legata alla terraferma da una sottile lembo di terra che si copre con l'alta marea, quindi praticamente inespugnabile.

Tutta la poesia di Ghiannis Ritsos

"...nel mio corpo vivi tutta la poesia"

(la casa del poeta Ghiannis Ritsos a Monemvasia)



Non avevo da aggiungere
altro verso,
altra parola.
Nel tuo corpo vivevo
tutta la poesia.


Senza parole... la pulizia dei versi... la pienezza di chi riconosce nell'altra l'essenza stessa della bellezza... darsi completamente non è fare poesia... è farsi essa stessa poesia...

Ritsos è uno dei più grandi poeti greci, candidato più volte al Nobel che non ottenne per motivi politici.

venerdì 17 agosto 2012

La sesta luna di Rosanna Bazzano






Sesta luna

… è insieme a te
che non ho più saputo
 fare  l’amore
in modo conveniente.
Non ho saputo infatti
mai aspettare
che fosse il tempo,
l’attimo appropriato,
il luogo confacente,
il giusto afflato.
Il nostro amplesso
è sempre viva lotta,
l’istinto primordiale
che riappare,
la fiera
che ti atterra
con destrezza,
carezza fatta
crimine efferato,
eccidio di dolcezza,
eccesso di peccato.


Ermioni, 6 agosto 2011 – luna crescente

- Rosanna Bazzano

giovedì 16 agosto 2012

Le lune di Rosanna Bazzano


né domande da porre, risposte da cercare...




Sedicesima luna

…e non c’è approdo   
in così tanto mare,
né domande da porre,
risposte da cercare.
Solo il respiro
lieve delle onde
replica al grido
acerbo dei gabbiani,
nel sole glabro
di un mattino imberbe
dove l’umanità
s’annega e muore.

Mar Egeo, 16 agosto 2011 - luna piena

(da "Lune d'agosto", Intramoenia edizioni giugno 2012)

Scritta in occasione del ritrovamento di uno degli ennesimi barconi della speranza naufragato con il suo prezioso carico di vite, di storie legate da un unico ultimo destino di morte, questi versi trovano adattabilità in senso più ampio nelle diverse occasioni in cui ci si sente vittime di un dolore che non abbiamo cercato. 
Davanti ai dolori della vita resta il silenzio, arriva il momento che è inutile chiedersi le motivazioni, o forse salutare non chiedere ciò che non si vorrebbe sapere... i perché non trovano risposte,,,

mercoledì 15 agosto 2012

Il crepuscolo di Pablo Neruda

"abbiamo perso anche questo crepuscolo"


Abbiamo perso anche questo crepuscolo

Abbiamo perso anche questo crepuscolo.
Nessuno ci ha visto stasera mano nella mano
mentre la notte azzurra cadeva sul mondo.

Ho visto dalla mia finestra
la festa del tramonto sui monti lontani.

A volte, come una moneta
mi si accendeva un pezzo di sole tra le mani.

Io ti ricordavo con l'anima oppressa
da quella tristezza che tu mi conosci.

Dove eri allora?
Tra quali genti?
Dicendo quali parole?
Perché mi investirà tutto l'amore di colpo
quando mi sento triste e ti sento lontana?

È caduto il libro che sempre si prende al crepuscolo
e come cane ferito il mantello mi si è accucciato tra i piedi.

Sempre, sempre ti allontani la sera
e vai dove il crepuscolo corre cancellando statue...

- Pablo Neruda




Un Neruda con le "paturnie", un poeta…
Può prescindere un poeta dal dolore del sogno mancato?
Può scrollare le spalle davanti ad un amore non ricambiato?
Può, in un tramonto, vedere solo il sole che muore, senza chiedersi se egli stesso è vivo e quanto vale la sua stessa vita?
Felici tramonti a tutti… 






Pablo Neruda, pseudonimo di Ricardo Eliezer Neftalí Reyes Basoalto (Parral, 12 luglio 1904 – Santiago del Cile, 23 settembre 1973), è stato un poeta, scrittore, attivista e diplomatico cileno. Viene considerato una delle più importanti figure della letteratura latino americana contemporanea.

Scelse l'appellativo d'arte Pablo Neruda, in onore dello scrittore e poeta cecoslovacco Jan Neruda, e che in seguito gli fu riconosciuto anche a livello legale. È stato insignito nel 1971 del Premio Nobel per la letteratura.



Ha anche ricoperto per il proprio Paese incarichi di primo piano diplomatici e politici. Inoltre è conosciuto per la sua adesione al comunismo (per cui subì censure e persecuzioni politiche, dovendo anche espatriare), la sua candidatura a Presidente del Cile nel 1970, e il successivo sostegno al socialista Salvador Allende. Morì in un ospedale di Santiago poco dopo il golpe di Pinochet nel 1973, ufficialmente di tumore ma in circostanze ritenute dubbie, mentre stava per partire per un nuovo esilio.



martedì 14 agosto 2012

"Ascolta" di Else Lasker - Schuler

"i miei brividi che intorno al tuo corpo dipinsi"


Io mi prendo nelle notti
Le rose della tua bocca
Che nessun’altra ci beva.

Quella che ti abbraccia
Mi deruba dei miei brividi
Che intorno al tuo corpo io dipinsi.

Io sono il tuo ciglio di strada.
Quella che ti sfiora
Precipita.

Senti il mio vivere
Dovunque
come orlo lontano?

Else Lasker- Schuler

lunedì 13 agosto 2012

"In fondo a questo nero" di Rosanna Bazzano

"...ma ora è notte"



In fondo a questo nero 

Lo so,
che in fondo a questo nero
c’è un approdo,
che in questo buio che siamo
e ci contiene, si cela,
in agguato, una certezza,
una sponda dorata, una salvezza.
Ma ora è notte
e il lume della luna
a malapena illumina le onde,
con esse vado
senza sapere dove,
se soli o insieme
ritroveremo il sole.

domenica 12 agosto 2012

L'osceno e sacro di Patrizia Valduga

" mare del nero e faro del mio mare"


Quaranta quartine




Ancora: nero senza fine, nero

come nera matrice di ogni nero,

ma tutta luce, ancora, senza nero

materia della mente e spasmo nero.




La sento la mia vita, me la imparo,


fino al fegato adesso, fino al fiele;

oh nera un tempo enorme senza chiaro,

fedele della notte più infedele.




E’ lungo questo tempo senza fine

il mio cuore senza fine nel tempo.

E’ nero lungo un tempo senza fine

per non morire prima del suo tempo.




Vuota il tuo sacco, su, parla, poetessa:

io fiorisco e disfoglio e rigermoglio

per dare la procura di me stessa

a chi non può o non vuole quel che voglio.




Dicevo: Amore mio, vorrei annegare

nell’acqua chiara dei tuoi occhi chiari,

finire finalmente di aspettare

giovani giorni, cari giorni chiari.




Per me dentro di me oltre la mente

il suo corpo su me come una coltre

ma oltre il corpo in me furiosamente

in me fuori di me oltre per oltre…




Sta’ zitto, cuore. Taci, anima nera.

Ora so quel che c’era da sapere.

Principio di purpurea primavera?

Quattro colpi di cazzo e ho da godere?




Biancore di ossa… bianco dissolvente

grida nel nero… Grido che lo sento:

ma come una struttura della mente,

come la costrizione al godimento.




Poi una lancia di luce sulla faccia…

Chiudi gli occhi, non quelli azzurri!, gli altri,

se l’anello d’acciaio delle braccia

scaglia altro nero dentro gli occhi scaltri.




Superba mendicante dell’amore,

scongiuravo: Fa’ ammenda alla mia fame,

dammelo ogni mio oggi il pane amore,

liberami dai mali, amore. Amen.




Dove sei, gli chiedevo, col mio cuore?

Ho freddo e ho per amante la mia mano

E faccio sogni e sogni di terrore

e non ho tregua qui e invanisco in vano.




Cosa fai, gli chiedevo, col mio cuore?

Quanto disti da me, in linea retta?

Quanti chilometri di batticuore?

Quando mi dai l’amore che mi spetta?




Una boccata di buio? No. Meno.

Nemmeno. Abbocca, carne di carnaio!

Lecca le labbra, vieni, vieni almeno…

Io più in alto di te cado, scompaio…




Così: una e molteplice, infinita

negli insiemi infiniti della mente,

e cripta di reliquie in morte e in vita,

io solo questo so: che non so niente.




Ma l’estasi, ma l’io senza più io?

Da cinquant’anni ormai io chiedo ai cieli

un cuore perpendicolare al mio

e mi arrivano tutti paralleli.




Oh, l’inutilità di questi affanni

la conosco a memoria, inutilmente;

e nel peso degli utili e dei danni

connetto notte a notte e niente a niente.




Al terribile triste unico mondo

far fronte, sempre, fargli sempre guerra!

Seppelliti nel nero fino in fondo

noi nero delle ossa sottoterra…




E anche con lui era come masturbarmi,

mai matura, scentrata e senza centro.

Di grazia, gli chiedevo, vuoi insegnarmi

a venire assieme a te con te dentro?




Dài, maledetto! Amore, dài, sii buono,

rimetti insieme tutte le mie tessere

per farmi essere quella che sono

e che ancora non ho potuto essere.




E così, per la vita dei miei versi,

dagli occhi, dalla gola, dalle ascelle

io riverso su te, tu mi riversi

le nostre solitudini gemelle.




Dicevo: A conto loro, e di noi stessi,

che faremo della vita anteriore

noi insolvibilità con gli interessi

e sempre in credito verso l’amore?




Ci dava la prigione del destino

solo qualche ora d’aria per l’amore

che per destino ha solo il suo declino.

Si aspetta e si riaspetta e poi si muore.




Egoista dai teneri pensieri,

gli chiedevo: Stai bene di salute?

Le fai l’amore, assolvi i tuoi doveri?

Lo metto in conto delle trattenute.




Perché eravamo onesti, responsabili,

non volevamo dare sofferenza.

Pure fra noi e due stronzi, due contabili,

tu vedi forse qualche differenza?




Se amo, sono grande nel mio amore.

Ma lui lo era? Se amava era grande?

Oh scroscianti radiose e nere ore,

state eludendo tutte le domande!




E gli dicevo: Sì, sentire è tutto.

E tutto in me che sente sente te.

Ti sento in me, ti sento fin nel flutto

del tempo-sangue freddo in tutta me.




Guarda guarda, Patrizia la superba

ammette che la mente non è tutto.

Come erba, più umile dell’erba,

mi prema lui, mi falci lui-mio-tutto.




Osceno e sacro l’amore delibera

stessa sede per sé e per gli escrementi.

Se non mi leghi io non sarò mai libera,

né casta mai se tu non mi violenti.




E tu? Sì, grazie. Senti come piove!

Vuoi che ci amiamo in piedi come i cani?

Di qua. Proviamo. A destra. A destra, dove?

Ho freddo, ho fame. E tu? Grazie. A domani.




Ho fantasie auditive, non visive.

Avesse detto mai: Bambina mia,

adesso vedi… E dato direttive:

Apriti stronza, troia… e così via!




Oppure: Questa torta va finita,

ma devi bere… piena la vescica.

Oh, essere imboccata con le dita,

con altre due ficcate nella fica!




Vuoi che ti dica, dunque, tutto il vero?

Il nero se ne fotte che non viva,

che sia perimetro del mio pensiero.

Dimmi: sono una bambina cattiva?




Avrei finto di non avere voglia,

perché a forza mi facesse volere.

Io voglio che tu voglia che io non voglia:

questa è la verità del mio piacere.




Violentami, costringimi a godere,

fendendomi con tutta la tua forza,

e fa’ di me secondo il tuo volere,

sii il mio flagello, dammi fuoco e forza.




E sempre quella mano sulla fronte…

E l’altra lì, così, due dita sole…

E quando fica e testa sono pronte

Riempile di cazzo e di parole.




Poi chiudere anche gli occhi della mente,

mare del nero e faro del mio mare,

e infine via dal nero finalmente

che si dilata e mi lascia passare.




Oh baciami, biancore di tramonto,

fratello senza pace nella fine,

baciami gli occhi chiusi, chiudi il conto

per l’alba della morte senza fine.




Io mi arrendo, congedo i miei soldati,

la mia legione di sogni e di versi.

Combattete per altri disarmati,

vincete in verità, miei sogni in versi.




No, non ancora. Ancora pochi istanti:

per approssimazioni millimetriche

sempre spietatamente equidistanti

le mani buie, le braccia scheletriche…




Eccomi, ancora. Prendimi per mano:

occorre che mi fermi e mi conforti

perché non posso andare più lontano

perché dopo ci sono solo i morti.

- Patrizia Valduga

sabato 11 agosto 2012

"Non è il tuo amore che domando" di Anna Achmatova

"Dalla felicità io non guarisco"
Nathan Altman, Ritratto di Anna Achmatova


Non è il tuo amore che domando.
Si trova adesso in luogo conveniente.
Stanne pur certo, lettere gelose
non scriverò alla tua fidanzata.
Però accetta dei saggi consigli:
dalle da leggere i miei versi,
dalle da custodire i miei ritratti,
sono così cortesi i fidanzati!
E conta più per queste scioccherelle
assaporare a fondo una vittoria
che luminose parole d’amicizia,
e il ricordo dei primi, dolci giorni…
Ma allorché con la diletta amica
avrai vissuto spiccioli di gioia
e all’anima già sazia all’improvviso
tutto parrà un peso,
non accostarti alla mia notte trionfale.
Non ti conosco.
E in cosa potrei esserti di aiuto?
Dalla felicità io non guarisco.


- Anna Achmatova
( trad. di C. Riccio)  


Anna Andreevna Achmatova pseudonimo di Anna Andreevna Gorenko (Bol'soj Fontan, 11 giugno 1889 – Mosca, 5 marzo 1966) è stata una poetessa russa; non amava l'appellativo di poetessa, perciò preferiva farsi definire poeta, al maschile.
Sulla sua poetica ebbe molta influenza la conoscenza delle opere di Dante Alighieri, come anche testimonia il filosofo Vladimir Kantor: «Quando chiesero ad Anna Achmatova, la matriarca della poesia russa, “Lei ha letto Dante?”, con il suo tono da grande regina della poesia rispose: “Non faccio altro che leggere Dante”».



          

         

venerdì 10 agosto 2012

Il silenzio di Anna Achmatova

al colmo del dolore per l'anima è il silenzio d'amore


Ho smesso di sorridere

Ho smesso di sorridere,
le labbra sono gelate,
ad una sola speranza
segue più di una canzone.
Senza colpa cederò il canto
al riso e alla profanazione,
ché al colmo del dolore
per l’anima è il silenzio
d’amore.

Carskoe Selo, aprile 1915

- Anna Achmatova, da Stormo Bianco



giovedì 9 agosto 2012

"...e accadde in un'ora soltanto" di Anna Achmatova

...e accadde in un' ora soltanto...


Invecchiammo cent'anni
ed accadde in un'ora soltanto.
La breve estate volgeva alla fine,
fumava il corpo delle piante arate.
Di colpo la quieta vita si animò,
volò un pianto, col suo suono argenteo...
coprendo il volto, io supplicavo Dio
di annientarmi prima del primo scontro,
Dalla memoria, come un peso vano, 
dileguò l'ombra di canti e passioni.
Già deserta, l'Altissimo le impose
di farsi libro orrendo che annuncia l'uragano.

- Anna Achmatova



La forza espressiva di questa poesia è affidata fin da subito alla potenza dirompente dei primi due versi che danno immediato e pieno il senso della tragedia.
Il 1 agosto 1914 la Germania dichiarava guerra alla Russia,
E' una sensazione che tutti sperimentiamo davanti ad ogni nostra personale tragedia, l'impressione che tutta la nostra vita sia di colpo passata e pesi sulle nostre spalle...

"Omaggio a Vivian Lamarque" di Rosanna Bazzano




Sollevi  (Omaggio a Vivian Lamarque) 

Sollevi la mia musa grand'autore
l'anima mia è preda di un dolore
macchiata, lisa e pure un po’ sgualcita,
sento la vita tutta intirizzita.

mercoledì 8 agosto 2012

"...e le ciliege rosse" di Rosanna Bazzano




…e se ricordi
le mie prime volte
so bene
di che cosa ti fai vanto…
ma  io ricordo
le passeggiate
strane,
i ciclamini rosa
sulla terra bruna
di un bosco
afono e nebbioso ,
il rumore
dei sassi dentro l’onda,
il riccio
impaurito
sulla strada,
e le ciliegie
sull’albero,
rosse tra le foglie verdi.

sabato 4 agosto 2012

Ci sono occhi... di Maram Al - Masri



ricordi di cui non si ha memoria
Henri Cartier Bresson, Germania 1945


Ci sono occhi
che non vedono la luce
ricordi
di cui non si ha memoria...

Ci sono sorrisi che non danno
gioia
lacrime che non lavano
il dolore
ci sono parole che feriscono
ci sono sentimenti
e un'anima
inconsolabile… 

- Maram Al Masri


Maram al-Masri, anche al-Massri, al-Misri, Misri مرام المصري (Latakia, 2 agosto 1962), è una poetessa e scrittrice siriana.











Henri Cartier-Bresson (Chanteloup-en-Brie, 22 agosto 1908 – L'Isle-sur-la-Sorgue, 3 agosto 2004) è stato un fotografo francese, è considerato un pioniere del foto-giornalismo, tanto da meritare l'appellativo di "occhio del secolo". Teorico dell'istante decisivo in fotografia, ha anche contribuito a portare la fotografia di stampo surrealista (ispirata a Eugène Atget) ad un pubblico più ampio.