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giovedì 31 gennaio 2013

Tre quartine di OMAR KHAYYÂM




felice chi ha nella casa un'amica bella come la luna, e una notte lunga come un anno

X (370)

Vedi: per opera di zeffiro il calice delle rose s'è aperto; 
l'usignolo per la bellezza delle rose s'è fatto lieto. 
All'ombra delle rose ti assidi, perché spesso queste rose 
dalla terra sono uscite e sotterra sono andate.



XI (396)

O rosa, tu somigli al volto di una fanciulla fascinatrice di cuori; 
o vino, tu assomigli a un rubino che allieta l'anima; 
o fortuna litigiosa, ogni momento mi sei più ignota, 
e tuttavia mi sei nota.



XII (---)

Dal libro dell'amore io traevo un augurio: 
d'improvviso un sapiente dal cuore acceso disse: 
- Felice chi nella casa ha un'amica bella come la luna, 
e una notte lunga come un anno.


- OMAR KHAYYÂM

Trad. dal persiano di Vittorio Rugarli

ʿUmar Khayyām (Nīshāpūr, 31 maggio 1048 – Nīshāpūr, 4 dicembre 1131) fu un matematico, astronomo, poeta e filosofo persiano.

Curiosità:


ʿUmar Khayyām viene goliardicamente citato anche da Francesco Guccini nella celebre canzone Via Paolo Fabbri 43 nella frase "Jorge Luis Borges mi ha promesso l'altra notte / di parlar personalmente col persiano" e poco dopo (per chiarirne meglio l'identità) nella frase "forse avrò un posto da usciere o da scrivano / dovrò lucidare i suoi specchi, / trascriver quartine a Kayyam".

Fabrizio de Andrè utilizzò come finale della canzone Dormono sulla collina dall'album Non al denaro, non all'amore né al cielo la frase tratta da una quartina di ʿUmar Khayyām: "Pien di stupore son io pei venditori di vino, ché quelli / che cosa mai posson comprare migliore di quel ch'han venduto?" - modificata in "sembra di sentirlo ancora / dire al mercante di liquore / tu che lo vendi cosa ti compri di migliore?"

Nel 1970 è stato dedicato a lui il cratere lunare Omar Khayyam.
L'asteroide 3095 Omarkhayyam è stato così chiamato in suo onore nel 1980.
Esiste una varietà di Rosa Damascena intitolata ad ʿOmar Khayyām. La varietà è un'antica specie di Rosa, molto profumata. La rosa è stata piantata sulla tomba di Edward Fitzgerald, il traduttore di Khayyām, da semi ricavati dalla tomba del poeta a Nīshāpūr.



mercoledì 30 gennaio 2013

"Mi piace l'amore - I" di Rosanna Bazzano




Mi piace l'amore - I

Mi piace l’amore
quando si raddoppia,
quando di due
se ne fa uno solo,
e lo spessore 
assume consistenza,
e piena completezza,
e corpulenza
di soffi,
di respiri,
di parole
che si rincorrono
e correndo
stanno avvinte,
l’una sull’altra
senza distinzione,
tanto da non saperne
più il colore.
Come le foglie 
che cadono d’autunno
foglia su foglia
corpo su corpo nudo.
Spesso, compatto,
magari condensato,
che dia sostanza
a tutto il mio vissuto, 
voglio un amore
che mi stia incollato.

- Rosanna Bazzano, Mi piace l'amore, poemetto

Tutti abbiamo una nostra idea dell'amore, leggerete la mia un po' alla volta... 


martedì 29 gennaio 2013

"Dove l'amore" di José Saramago

dove gli arti sono lacci... dove l'amore...



Dove gli occhi si chiudono; dove il tempo

fa echeggiare il nicchio del silenzio;

dove il chiaro deliquio si dissolve

nell'aroma dei nardi e del sesso;

dove gli arti son lacci, 

e le bocche non respirano,

ansano frementi;

dove le dita tracciano altre orbite

per lo spazio dei corpi e delle stelle;

dove la breve agonia; dove la pelle

si fonde nel sudore; dove l'amore.


- José Saramago




José de Sousa Saramago  (Azinhaga, 16 novembre 1922 – Tías, 18 giugno 2010) è stato uno scrittore, critico letterario, poeta, drammaturgo e giornalista portoghese, premio Nobel per la letteratura nel 1998.
Uno dei tratti che più caratterizzano le opere di Saramago è il narrare eventi da prospettive piuttosto insolite e controverse, cercando di mettere in luce il fattore umano dietro l'evento. 
È frequente l'uso dell'ironia, non ci sono eroi, ma semplicemente uomini, con i loro pregi ed i loro difetti. E in effetti non manca la pietà e la compassione dello scrittore per essi, piccoli rappresentanti del genere umano.


lunedì 28 gennaio 2013

"Ode alla gelosia" di Saffo



sull'istante manca la voce

Ode alla gelosia

mi sembra che sia simile ad un dio
quell'uomo che ti sta seduto a fronte
e che ti ascolta tanto da vicino,
voce soave,

riso d'amore dolce sorridente;
e questo mi sconvolge il cuore in petto:
non appena ti guardo, sull'istante
manca la voce,

la lingua mi si spezza; per le membra
fuoco sottile corre all'improvviso,
nulla più vedo e sento nelle orecchie
rombare il sangue;

freddo sudore tutta mi pervade,
un tremito mi prende e più dell'erba
divento verde; e sento in me che sono
già quasi morta;

ma tutto è tollerabile...

- Saffo


Io invece credo che soffrire di gelosia non sempre è tollerabile anzi... è tutto così difficile



Saffo, in greco Σαπφώ, Sapphó (Ereso, 640 a.C. circa – Leucade, 570 a.C. circa), è stata una poetessa greca antica vissuta tra il VII e il VI secolo a.C.. Di famiglia aristocratica, nacque a Mitilene, nell'isola di Lesbo, dove trascorse la maggior parte della propria vita.
Non si conoscono né la data della sua morte (anche se da un suo componimento[1] si può desumere che abbia raggiunto la tarda età), né le circostanze in cui avvenne. Dato leggendario, ripreso dagli antichi commediografi, è che si sia gettata da un faro sull'isola di Lefkada, vicino alla spiaggia di Porto Katsiki, per l'amore non corrisposto verso il giovane battelliere Faone, che in realtà è un personaggio mitologico. Tale versione è ripresa anche da Ovidio, nelle Eroidi, e da Giacomo Leopardi (Ultimo canto di Saffo).

***********
"Come geloso, io soffro quattro volte: perché sono geloso, perché mi rimprovero di esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire l'altro, perché mi lascio soggiogare da una banalità: soffro di essere escluso, di essere aggressivo, di essere pazzo e di essere come tutti gli altri."
Roland Barthes, Frammenti di un discorso amoroso, 1977


domenica 27 gennaio 2013

"'Paci" di Rosanna Bazzano

PACI



Paci


‘Sta terra è focu
nun po’ parlari ‘i paci.
Unne scannamu
pi ‘na petra sicca,
unne si more
pi ‘na nticchia d’acqua
nun ‘a poi dire ‘sta parola:

PACI

Nun 'a 'llurdamu ‘sta parola:

PACI


- Rosanna Bazzano

Traduzione

Questa terra è fuoco
non può parlare di pace
Dove scanniamo
per una pietra secca
dove si muore
per una goccia d'acqua
non la puoi dire questa parola
PACE
non la sporchiamo questa parola
PACE

Esistono le guerre ma non esistono le paci, la pace è una parola senza plurale.
Ricordiamo le guerre, tutte, non solo quelle che fanno scalpore, non solo quelle che hanno i mezzi economici per farsi ricordare... andiamo oltre la mediaticità, andiamo all'essenza dell'uomo, perché ogni guerra non ha motivo reale per la sua violenza, ogni uomo ha diritto alla vita, ogni croce ha diritto al nostro rispetto e alla nostra compassione.
Per tutto il dolore del mondo si invochi un'unica medesima pace.


sabato 26 gennaio 2013

"Io porto il tuo cuore" di E.E. Cummings


io porto il tuo cuore (lo porto nel mio cuore)


Io porto il tuo cuore

Io porto il tuo cuore in me (lo porto nel
mio cuore) non lo lascio mai (ovunque
vado tu vai, cara; e quel che faccio
io da solo lo fai tu, tesoro mio)
non temo
fato (tu sei il mio fato,mia dolce) né
voglio il mondo (bella, mio mondo, mia fedele)
tu sei quel che luna sempre fu
e quel che un sole sempre canterà sei tu
qui sta il più grande segreto che nessuno sa
(qui l'intima radice e bocciolo e cielo
di un albero chiamato vita; che cresce
più alto di quanto anima speri e mente
celi) e questa meraviglia regge le stelle
io porto il tuo cuore (lo porto nel mio cuore) .

- E.E. Cummings



Un post del 26 gennaio  2013 in cui sono incappata per caso e che ho voluto risistemare secondo lo stile attuale del mio blog.

Lo ripropongo perché il tema trattato è molto intimo e tenero: la presenza di un pezzo di sé nell'altro, o di un altro in se stessi.

Quando si porta qualcuno nel cuore, ogni azione e ogni pensiero sono infusi nell'essenza dell'altro, la propria vita profuma di una presenza incorporea ma tenace.
E ci fa stare bene tenere qualcuno nel cuore, fa bene alla nostra vita, amare, provare per credere...

"Amare è la primavera del cuore." - Rosanna Bazzano


Edward Estlin Cummings, più noto come E.E. Cummings o e.e. cummings (Cambridge, 14 ottobre 1894 – North Conway, 3 settembre 1962), è stato un poeta, pittore, illustratore, drammaturgo, scrittore e saggista statunitense.

venerdì 25 gennaio 2013

" Se potessi sfogliarti" di Rosanna Bazzano

se le mie mani potessero sfogliare ogni piccola piega del tuo corpo...


Se potessi sfogliarti

Se le mie mani
potessero sfogliare
ogni piccola piega
del tuo corpo,
come fosse
il più prezioso volume
di Alessandria,
mi soffermerei a leggervi
col dito fremente e leggero,
a scorrere rigo su rigo
con delicata lentezza,
con intima cupidigia
da libraio antiquario.
Vi scoverei
i tramonti di luna
che ti videro insonne
e leggerei insaziabile
tutti i versi soffusi
dei tuoi più intimi sospiri,
delle nebbie
che ti velarono gli occhi
e scrissero in ogni tuo poro
la musica dolce e muschiosa
del crepitio di foglie in autunno.

- Rosanna Bazzano

giovedì 24 gennaio 2013

"XXIII, La voce a te dovuta" di Pedro Salinas

come vorrei essere la materia che ti piace, che tocchi tutti i giorni
Jack Vettriano, Bye bye bye


XXIII

Io di più non posso darti.
Non sono che quello che sono.

Ah, come vorrei essere
sabbia, sole, in estate!
Che tu ti distendessi
riposata a riposare.
Che andando via tu mi lasciassi
il tuo corpo, impronta tenera,
tiepida, indimenticabile.
E che con te se ne andasse
sopra di te, il mio bacio lento:
colore,
dalla nuca al tallone,
bruno.

Ah, come vorrei essere
vetro, tessuto, legno,
che conserva il suo colore
qui, il suo profumo qui,
ed è nato tremila chilometri lontano!
Essere la materia che ti piace,
che tocchi tutti i giorni,
che vedi ormai senza guardare
intorno a te, le cose
- collana, profumi, seta antica -
di cui se senti la mancanza
domandi: "Ah, ma dov'è?"

Ah, e come vorrei essere
un'allegria fra tutte,
una sola,
l'allegria della tua allegria!
Un amore, un solo amore:
l'amore di cui tu ti innamorassi.

Ma
non sono che quello che sono.

- Pedro Salinas, da "La voce a te dovuta"

Traduzione  di Emma Scoles


Il desiderio potente di farsi cosa per poter toccare l'amato in ogni momento, di farsi gioia, di farsi amore....


Pedro Salinas y Serrano (Madrid, 27 novembre 1891 – Boston, 4 dicembre 1951) è stato un poeta spagnolo, appartiene al gruppo di poeti-professori e ne rappresenta bene il modello perfetto. Egli è un ottimo conoscitore della letteratura spagnola ed europea, impegnato non solo nella critica e nell'università ma anche più creativamente con la produzione di poesia, romanzo e teatro.
"La voce a te dovuta" appartiene alla piena maturità dell'autore, venne pubblicata nel mese di dicembre del '33 e ottenne immediatamente un grande consenso di pubblico e di critica. Le maggiori riviste e le rubriche dei quotidiani dedicarono il loro spazio a numerose recensioni e il poeta Jorge Guillén tenne un'importante conferenza subito dopo l'uscita del libro.
La raccolta poetica, che è costituita da settanta componimenti, si rivela subito essere un unitario poema d'amore grazie alla sua compattezza tematica.
Il titolo corrisponde ad un emistichio del poeta Garcilaso tratto dalla III Egloga, vv. 11-12 dove il poeta dice:
« ma con la lingua morta e fredda nella bocca intendo muovere la voce a te dovuta... »
e la cadenza di certi versi rimandano a Shelley, mentre il sottotitolo, poema, invita ad un tipo di lettura continuata e serena.

mercoledì 23 gennaio 2013

"Svegliati..." di Paul Eluard

Ho un corpo per passare la mia vita ad amartiAuguste Rodin, Il bacio eterno

Svegliati

Svegliati che io segua le tue tracce
Ho un corpo per passare la mia vita ad amarti
Ho un corpo per attenderti per seguirti
Dalle porte dell’alba alle porte dell’ombra
Un corpo per passare la mia vita ad amarti
Un corpo per sognare al di fuori del tuo sonno.

- Paul Eluard

martedì 22 gennaio 2013

"Pomeriggio d’ottobre" di Miklós Radnóti

con un abbraccio...
Gustav Coubert, Gli amanti felici, 1845


Pomeriggio d’ottobre 

Fanni dorme accanto a me sotto la quercia,
da quando dorme tante ghiande sono cadute,
mi metto a litigare con ogni fronda innocua –
perché con un abbraccio ha chiesto di vegliarne il riposo.

Ma il sole mi strizza l’occhio attraverso il cespo della fronda,
e mi assediano i ronzii delle vespe arrabbiate.
La fronda risponde ghianda su ghianda,
ne cade una, poi subito un'altra, non riesce a stare sull’albero.

Fanni si desta, gli occhi azzurri insonnoliti,
le mani così belle, mani di immagini sacre, preoccupata
cerca di riconciliarmi con la fronda, mi accarezza la bocca
e tiene il dito ancora sui miei denti che mordono

per non farmi parlare. È così che si prepara il nuovo silenzio
e dal silenzio lassù sono sei giorni
che la pioggia sibila pioggia, lavando via le ghiande,
legandoci come un nastro nero al novembre.

- Miklós Radnóti 

(Traduzione di Edith Bruck)


Miklós Radnóti (Budapest, 5 maggio 1909 – Abda, 10 novembre 1944) è stato un poeta ungherese.
Studiò filosofia all'Università di Szeged. Ebreo, non poté esercitare la professione d'insegnante; fu perseguitato, rinchiuso in vari campi di concentramento in Ungheria e in Serbia e infine fucilato. 
Nei suoi vestiti, rintracciati in una fossa comune, fu trovato il suo ultimo taccuino di versi.
Lirico pregevole, scrisse anche un libro autobiografico e fu ottimo traduttore, specialmente di poeti francesi.

lunedì 21 gennaio 2013

"Ti dirò un gran segreto" di Louis Aragon

il tempo è donna, ha bisogno di essere corteggiato



Ti dirò un gran segreto… 

Ti dirò un gran segreto,
tu sei il tempo, il tempo è donna
ha bisogno d'esser corteggiato
ha bisogno che ci si segga ai suoi piedi
il tempo come una veste da sciogliere
il tempo come una chioma senza fine pettinata
uno specchio che il respiro appanna e spanna.
Il tempo sei tu che dormi nell'alba in cui mi sveglio
sei tu come un coltello che trafigga la mia gola
Oh, non posso dire questo tormento del tempo che non passa
questo tormento del tempo imprigionato
come il sangue nelle vene azzurre
Ben peggiore del desiderio interminabilmente insoddisfatto
di questa sete dell'occhio quando cammini nella stanza
e io capisco che non si deve rompere l' incantesimo
Ben peggiore del sentirti estranea
sfuggente
la testa altrove e il cuore già in un altro secolo
Mio Dio come pesano le parole
è proprio questo il punto
amore mio oltre il piacere
amore mio fuori di portata
oggi fuori tiro
Tu che batti alla mia tempia orologio
Se tu non respiri sono io che soffoco
e sulla mia carne esita e si posa il tuo passo

Ti dirò un gran segreto
ogni parola
sulle mie labbra è una mendica che chiude
una miseria per le tue mani
una cosa che s'oscura sotto il tuo sguardo
ed è per questo io dico così spesso che ti amo

Colpa di un cristallo troppo chiaro di una frase che porteresti al collo
Non t'offendere per le mie parole banali.
è l'acqua pura che fa questo brusio spiacevole sul fuoco.

Ti dirò un gran segreto
Io non so parlare del tempo che ti somiglia
non so parlare di te
fingo soltanto
come quelli che da molto tempo sul marciapiede d'una stazione
agitano la mano dopo che i treni sono partiti
e il polso cede sotto il peso nuovo delle lacrime

Ti dirò un gran segreto
ho paura di te
paura di quel che t'accompagna la sera verso le finestre
dei gesti che fai delle parole che non si dicono
ho paura del tempo rapido e lento
ho paura di te

Ti dirò un gran segreto
chiudi le porte
è più facile morire che amare
per questo cerco di vivere
amor mio

- Louis Aragon

(Traduzione di Francesco Bruno)

L'innamorato teme sempre l'oggetto del proprio amore, la trepidazione come condizione essenziale. 


Louis Aragon (Parigi, 3 ottobre 1897 – Parigi, 24 dicembre 1982) è stato un poeta e scrittore francese, sostenitore del Partito comunista francese e membro dell'Académie Goncourt.



domenica 20 gennaio 2013

"Canto pecché cantà me piace" di Prospera Paturnia


Nun canto comm' auciello 'int' 'a caiola

Tito Pellicciotti, Uccellini in gabbia


Canto pecché cantà me piace

Nun canto comm’ auciello int’ ’a caiola
ca pe ll’ammore ’o core se cunzola,
ma canto pe sta bella faccia vosta
faccella  ’e neva cu nu core ’e ggnosta.

Canto, canto pecché cantà me piace
e pure amara ve faccio felice,
cu ‘o ddoce ‘e sotto ‘a tazza ve pigliate
l’amaro d’’o ccaffè ca ve ggirate.

E nun so’ pazza quanno stò ’nzeriosa
e faccio spisso ’a zita cuntignosa,
ca certamente doce vuie nun site
e amare songo ’e vase ca mme date.

N’ora ’e felicità, n’ora sultanto…
fore ’o balcone arracquo ’a testa e canto
ma vuie, fureste, manco v’accustate
tenite ‘o core nire, core ‘ngrato!

- Prospera Paturnia


sabato 19 gennaio 2013

"Sempre vieni dal mare" di Cesare Pavese



Ogni volta è uno strappo, ogni volta è la morte...
Pierre Auguste Renoir, Onde


Sempre vieni dal mare


Sempre vieni dal mare
e ne hai la voce roca,
sempre hai occhi segreti
d'acqua viva tra i rovi,
e fronte bassa, come
cielo basso di nubi.

Ogni volta rivivi
come una cosa antica
e selvaggia, che il cuore
già sapeva e si serra.

Ogni volta è uno strappo,
ogni volta è la morte.

Noi sempre combattemmo.
Chi si risolve nell'urto
ha gustato la morte
e la porta nel sangue.

Come buoni nemici
che non s'odiano più
noi abbiamo una stessa
voce, una stessa pena
e viviamo affrontato
sotto povero cielo.

Tra noi non insidie,
non inutili cose -
combatteremo sempre.
Combatteremo ancora,
combatteremo sempre,
perché cerchiamo il sonno
della morte affiancati,
e abbiamo voce roca
fronte bassa e selvaggia
e un identico cielo.

Fummo fatti per questo.
Se tu od io cede all'urto.
segue una notte lunga
che non è pace o tregua
e non è morte vera.

Tu non sei più. Le braccia
si dibattono invano.
Fin che ci trema il cuore.
Hanno detto un tuo nome.

Ricomincia la morte.
Cosa ignota e selvaggia
sei rinata dal mare.

- Cesare Pavese

Il sentimento dell'amore non ricambiato permea molta della poesia di Pavese, uno tra i più grandi poeti italiani, dell'amore che sfugge, che illude... In una lettera di poco prima del suo suicidio scriveva:


« Posso dirti, amore, che non mi sono mai svegliato con una donna mia al fianco, che chi ho amato non mi ha mai preso sul serio, e che ignoro lo sguardo di riconoscenza che una donna rivolge a un uomo? 
E ricordarti che, per via del lavoro che ho fatto, ho avuto i nervi sempre tesi, e la fantasia pronta e precisa, e il gusto delle confidenze altrui? 
E che sono al mondo da quarantadue anni? 
Non si può bruciare la candela dalle due parti – nel mio caso l’ho bruciata da una parte sola e la cenere sono i libri che ho scritto.
Tutto questo te lo dico non per impietosirti – so che cosa vale la pietà, in questi casi – ma per chiarezza, perché tu non creda che quando avevo il broncio lo facessi per sport o per rendermi interessante. 
Sono ormai di là dalla politica. 
L’amore è come la grazia di dio – l’astuzia non serve. 
Quanto a me, ti voglio bene, Pierina, ti voglio un falò di bene. 
Chiamiamolo l’ultimo guizzo della candela. Non so se ci vedremo ancora. 
Io lo vorrei – in fondo non voglio che questo – ma mi chiedo sovente che cosa ti consiglierei se fossi tuo fratello. Purtroppo non lo sono.[18] »


venerdì 18 gennaio 2013

"Oggi che t'aspettavo" di Vincenzo Cardarelli

Oggi che t'aspettavo non sei venuta...
Giorgio De Chirico, Mistero e malinconia di una strada, 1914


Oggi che t'aspettavo

Oggi che t'aspettavo
non sei venuta.
E la tua assenza so quel che mi dice,
la tua assenza che tumultuava,
nel vuoto che hai lasciato,
come una stella.
Dice che non vuoi amarmi.
Quale un estivo temporale
s'annuncia e poi s' allontana,
così ti sei negata alla mia sete.
L'amore, sul nascere,
ha di quest' improvvisi pentimenti.
Silenziosamente
ci siamo intesi.

Amore, amore, come sempre,
vorrei coprirti di fiori e d'insulti.

- Vincenzo Cardarelli

L'amore ha spesso sentimenti contrastanti di tenerezza e rabbia laddove il desiderio ambisce e la vita nega.

Vincenzo Cardarelli, nato Nazareno Caldarelli (Corneto Tarquinia, 1º maggio 1887 – Roma, 18 giugno 1959), è stato un poeta, scrittore  e giornalista italiano.
Fu un conversatore brillante ed un letterato polemico e severo, avendo vissuto una vita vagabonda, solitaria e di austera e scontrosa dignità. 
La sua è una poesia descrittiva lineare, legata a ricordi passati di qualunque tipo, siano paesaggi animali persone e stati d'animo, che vengono espressi con un uso di un linguaggio discorsivo e nello stesso tempo impetuoso e profondo.

giovedì 17 gennaio 2013

Nel cuore di José Saramago



Questo è che duole, forse qui nel cuore
ill. Christian Schloe

Qui nel cuore

Qui nel cuore, forse, o meglio ancora:
una ferita inferta col coltello,
lama d’inganno, taglio di rifiuto,
da cui sfugge la speranza
colano le emozioni, la sete, i sogni.
Desiderare, volere, non bastare,
disillusa ricerca del motivo
che spieghi un senso.
Un senso che non c’è.
Questo è che duole, 
forse qui nel cuore…

- José Saramago



José de Sousa Saramago  (Azinhaga, 16 novembre 1922 – Tías, 18 giugno 2010) è stato uno scrittore, critico letterario, poeta, drammaturgo e giornalista portoghese, premio Nobel per la letteratura nel 1998.







mercoledì 16 gennaio 2013

Le parole di Anne Sexton

io sono innamorata delle parole... ma spesso non mi bastano

Le parole

Siate cauti con le parole,
anche con quelle miracolose.
Per le miracolose facciamo del nostro meglio,
a volte sciamano come insetti
e non lasciano una puntura ma un bacio.
Possono essere buone come dita.
Possono essere sicure come la roccia
su cui incolli il culo.

Ma possono essere margherite e ferite.
Io sono innamorata delle parole.
Sono colombe che cadono dal tetto.
Sono sei arance sacre sedute sul mio grembo.
Sono gli alberi, le gambe dell’estate,
e il sole, il suo volto appassionato.

Ma spesso non mi bastano.
Ci sono così tante cose che voglio dire,
tante storie, immagini, proverbi, ecc.

Ma le parole non sono abbastanza buone,
quelle sbagliate mi baciano.
A volte volo come un’aquila
ma con le ali di un passero.

Ma cerco di averne cura
e di essere gentile con loro.
Le parole e le uova devono essere maneggiate con cura.
Una volta rotte sono cose impossibili da aggiustare.

- Anne Sexton

Una parola buona riesce ad arrivare dove una cattiva non può sperare...


Anne Sexton (Newton, 9 novembre 1928 – Weston, 4 ottobre 1974) è stata una scrittrice e poetessa statunitense.
Frequentò un corso di poesia insieme a Sylvia Plath, tenuto da Robert Lowell nel 1957.
Sylvia e Anne restarono amiche e alcuni pettegolezzi le ritraggono amanti. 
Questa relazione è allusa nella poesia Sylvia's Death  scritta dopo il suicidio della Plath.
Ha vinto il Premio Pulitzer per la poesia nel 1967. 
I temi della sua poesia sono le sue tendenze suicide, lunga battaglia contro la depressione e vari dettagli intimi della sua vita privata, compresi i suoi rapporti con il marito e i figli.
Morì suicida a 46 anni. 


martedì 15 gennaio 2013

"Lettera d'amore" di Sylvia Plath


ora fluttuo nell'aria con al mia veste d'anima
(foto Erwin Blumenfeld)


Lettera d'amore

Non è facile dire il cambiamento che operasti.
Se adesso sono viva, allora ero morta
anche se, come una pietra, non me ne curavo
e me ne stavo dov'ero per abitudine.
Tu non ti limitasti a spingermi un po' col piede, no-
e lasciare che rivolgessi il mio piccolo occhio nudo
di nuovo verso il cielo, senza speranza, è ovvio,
di comprendere l'azzurro, o le stelle.
Non fu questo. Diciamo che ho dormito: un serpente
mascherato da sasso nero tra i sassi neri
nel bianco iato dell'inverno-
come i miei vicini, senza trarre alcun piacere
dai milioni di guance perfettamente cesellate
che si posavano a ogni istante per sciogliere
la mia guancia di basalto. Si mutavano in lacrime,
angeli piangenti su nature spente,
Ma non mi convincevano. Quelle lacrime gelavano.
Ogni testa morta aveva una visiera di ghiaccio.
E io continuavo a dormire come un dito ripiegato.
La prima cosa che vidi fu l'aria, aria trasparente,
e le gocce prigioniere che si levavano in rugiada
limpide come spiriti. Tutt'intorno giacevano molte
pietre stolide e inespressive,
Io guardavo e non capivo.
Con un brillio di scaglie di mica, mi svolsi
per riversarmi fuori come un liquido
tra le zampe d'uccello e gli steli delle piante
Non m'ingannai. Ti riconobbi all'istante.
Albero e pietra scintillavano, senz’ombra.
La mia breve lunghezza diventò lucente come vetro.
Cominciai a germogliare come un rametto di marzo:
un braccio e una gamba, un braccio, una gamba.
Da pietra a nuvola, e così salii in lato.
Ora assomiglio a una specie di dio
e fluttuo per l’aria nella mia veste d'anima
pura come una lastra di ghiaccio. E' un dono.

- Sylvia Plath

L'amore è sempre un dono salvifico... anche se a Sylvia, purtroppo, non è bastato... 


Sylvia Plath (Boston, 27 ottobre 1932 – Londra, 11 febbraio 1963) è stata una poetessa e scrittrice statunitense.
Conosciuta principalmente per le sue poesie, ha anche scritto il romanzo semi-autobiografico La campana di vetro (The Bell Jar) sotto lo pseudonimo di Victoria Lucas.
Assieme ad Anne Sexton, la Plath è stata l'autrice che più ha contribuito allo sviluppo del genere della poesia confessionale. Autrice anche di vari racconti e di un unico dramma teatrale a tre voci, per lunghi periodi della sua vita ha tenuto un diario, di cui sono state pubblicate le numerose parti sopravvissute. Parti del diario sono invece state distrutte dall'ex-marito, il poeta laureato inglese Ted Hughes, da cui ebbe due figli, Frieda Rebecca e Nicholas. Morì suicida all'età di trent'anni. 

In questo blog: La felicità di Sylvia, di Ted Hughes - vedi alla data 8 luglio 2012




lunedì 14 gennaio 2013

L'amore di e.e.cummings

lui fa: tu sei divina! (lei fa: e tu sei Mio)
dip. Jack Vettriano



lui fa:mi fai sentire
(lei fa:guarda che urlo
lui fa:solo una volta)
lei fa:però,che bello
(lui fa:mi fai toccare
lei fa:tu dimmi quanto
lui fa:ma tanto tanto)
lei fa:allora fallo
(lui fa:andiamo andiamo
lei fa:ma non lontano
lui fa:cos’è lontano
lei fa:dove sei tu)
lui fa:potrei restare
(lei fa:in quale maniera
lui fa:in questa maniera
lei fa:sì se mi baci
lui fa:mi potrei muovere
lei fa:è forse amore)
lui fa:sì se lo vuoi
(lei fa:così mi uccidi
lui fa:ma è la vita
lei fa:però tua moglie
lui fa:ora)
lei fa:ooh
(lui fa:che meraviglia
lei fa:continua dai
lui fa:oh no no no)
lei fa:adesso piano
(lui fa:vvvvieni?
lei fa:mmmm)
lui fa:tu sei divina!
(lei fa:e tu sei Mio)

- e.e.cummings
trad. Francesca Valente e Vincenzo Ostuni


Edward Estlin Cummings, più noto come E.E. Cummings o anche e. e. cummings, secondo la sua abitudine di firmarsi in minuscolo, (Cambridge, 14 ottobre 1894 – North Conway, 3 settembre 1962), è stato un poeta, pittore, illustratore, drammaturgo, scrittore e saggista statunitense. 
Cummings è celebre per il suo uso poco ortodosso delle maiuscole e delle regole della punteggiatura, e il suo uso avanguardista ed innovativo delle convenzioni sintattiche. Nei suoi scritti si trovano segni di punteggiatura inaspettati ed apparentemente fuori posto che interrompono frasi intere o perfino singole parole. Molte delle sue poesie, per via dell'accurata disposizione grafica dei versi, sono più facilmente comprensibili sulla pagina scritta, rispetto alla lettura ad alta voce.




domenica 13 gennaio 2013

"Redenno" di Prospera Paturnia


'a vita comme n'altalena me trammea
L'altalena, Pierre Auguste Renoir


Redenno

Redenno
’a luna
piglia a mmuorze
’o mare
ca sotto a chiste vase
sparpetea
comme io
redenno
piglio a mmuorze
’a vita
ca comme n’altalena
me trammea…

- Prospera Paturnia

Traduzione:

Ridendo

Ridendo
la luna,
mordicchia
il mare
che sotto questi baci
palpita
come io
ridendo
mordicchio la vita
che come un altalena
mi fa oscillare...


sabato 12 gennaio 2013

"Bollicine" di Rosanna Bazzano

"Il poeta nudo"
Ass.Cult. "Il pilastro" 14.12.2012



Bollicine

Quante bollicine
su per il flute in fila.
Loro non restano giù
sul fondo di un bicchiere di cristallo.

Loro escono.

Hanno coraggio, loro,
non come i miei pensieri.

Loro escono,
e te lo dicono in faccia,
dritto sul muso.

Ti guardano negli occhi
e te lo dicono.

Non tergiversano, loro,
non hanno paura di perderti, loro,
sono sfacciate, loro,
e allegre, loro,
e serene, e sicure,
e tutto ciò che non sono, sono… loro.

“Io non ne posso più …”

Non lo dico io, amore,
sono loro …

- Rosanna Bazzano


venerdì 11 gennaio 2013

"Non andartene" di Mario Luzi

Non andartene

Non andartene,
non lasciare
l'eclisse di te
nella mia stanza.
Chi ti cerca è il sole,
non ha pietà della tua assenza
il sole, ti trova anche nei luoghi
casuali
dove sei passata,
nei posti che hai lasciato
e in quelli dove sei
inavvertitamente andata
brucia
ed equipara
al nulla tutta quanta
la tua fervida giornata.
Eppure è stata,
è stata,
nessuna ora
sua è vanificata. 

- Mario Luzi

Mario Luzi (Sesto Fiorentino, 20 ottobre 1914 – Firenze, 28 febbraio 2005) è stato un poeta e scrittore italiano. In occasione del suo novantesimo compleanno fu nominato senatore a vita della Repubblica Italiana, occupa un posto particolare nella famiglia dei cosiddetti ermetici (ovvero "chiusi ermeticamente", riferisce al tipo di poesie da lui scritte, ovvero ermetiche, dalla difficile comprensione del significato)